E’ andato avanti senza sosta, negli ultimi mesi, il confronto tra governo e parti sociali in vista della riforma delle pensioni, più urgente che mai ,con la Quota 100 che ha visto la sua inevitabile fine al termine del 2021.
Un flop, quello della riforma voluta a suo tempo da Salvini, attestata sia dai numeri di chi se ne avvalse, sia soprattutto dall’insostenibilità a medio-lungo termine attestata dalla Corte dei Conti e riaffermata in le ultime ore dal premier Mario Draghi . In manovra si è deciso ufficialmente di tornare alla Quota 102.
Pensionamento anticipato: ecco cosa è accaduto dopo l’addio alla disastrosa Quota 100
Il giudizio dei sindacati sulle ipotesi alternative era categorico. “La proposta delle quote 102 e 104, se confermata dal Governo, costituirebbe un vero scherzo per i lavoratori. Con quei vincoli solo poche migliaia di persone nei prossimi anni potranno accedere alla pensione’, aveva affermato il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli.
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi , ha sempre ribadito il suo fermo no alle quote pensionistiche e chiede interventi sui lavori faticosi. Lo aveva fatto a margine dell’assemblea dell’Unione Industriale di Torino, in cui aveva sottolineato: “Siamo fortemente contrari al 100, 102 o 104 perché guardiamo i numeri da imprenditori e i numeri dicono che 100 non ha ottenuto il effetto che abbiamo aspettato”. “Ricordo – ha aggiunto – che ci è stato detto che per uno che è andato in pensione ne sono stati assunti tre, in realtà l’effetto è 0,4, quindi non abbiamo nemmeno l’effetto di sostituzione. Quindi mandiamo in pensione chi ha un lavoro e non offriamo lavoro ai giovani”. “Crediamo, invece, che dobbiamo lavorare su lavori faticosi, sui quali c’è effettivamente un problema.
Pensionamento anticipato: il sistema in due tempi voluto da Pasquale Tridico
Tra i candidati a sostituire quota 100 – nell’ambito della manovra 2022 – c’èra sin da subito una proposta, sul tavolo del dibattito in corso, arrivata a ottobre 2021, insieme alle quote 102 e 104. Una idea che è diventata effettiva con il tempo, ritenuta molto più flessibile e concreta da parte dei sindacati.
È quella illustrata più volte in parlamento dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che l’aveva presentata come l’unica soluzione “veramente flessibile e finanziariamente compatibile” in termini di costi e con un pubblico molto più consistente destinato ad accedervi.
Si tratta della cosiddetta pensione in due tempi. La formula è quella di anticipare, per chi ha 63-64 anni e vuole lasciare il lavoro, solo la quota contributiva della pensione posticipando l’indennità complessiva, comprensiva di stipendio parte, al compimento dei 67 anni. Al raggiungimento della pensione di vecchiaia, invece, il lavoratore avrà diritto all’intera indennità, comprensiva di retribuzione e contributi.
Sindacati finalmente d’accordo?
Nessuna rigida ‘gabbia’ quindi entro cui contenere i futuri pensionati, ma solo l’opportunità di scelta con costi per le casse dello Stato, nel medio termine, sostanzialmente nulli. A conti fatti, stima ancora l’Inps, ci sarebbero circa 203mila pensioni aggiuntive attivabili tra il 2022 e il 2024 a cui se ne aggiungeranno altre 129mila dal 2025 al 2027 per un totale di 332mila pensioni dal 2022 al 2027. I costi sono intorno ai 4,2 milioni di euro tra il 2022 e il 2027 che sarebbero poi recuperati da risparmi di spesa che dal 2027 al 2031 potrebbero ammontare a circa 2 miliardi di euro complessivi.
Per accedere al pensionamento in due tempi, Tridico ha comunque ricordato, oltre al requisito di età, almeno 63-64 anni di età è necessario essere in possesso di almeno 20 anni di contribuzione e aver maturato al momento della scelta una pensione importo contributivo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Questo per limitare il pubblico che potrà accedere al prepensionamento ed evitare sprechi di denaro più che mai controproducenti in questo momento di profonda crisi economica.