C’è la possibilità di andare in pensione anticipata con Opzione donna. Le lavoratrici possono ritirarsi a 58 o 59 anni. Ma a quanto ammonta la penalizzazione?
Grazie a Opzione Donna è possibile andare in pensione anticipata per le lavoratrici che hanno almeno 58 o 59 anni di età. Per accedere a questa misura è necessario aver maturato almeno 35 anni di contributi lavorativi.
Se da un lato l’anticipo della pensione con Opzione Donna può rappresentare un vantaggio, sotto un altro punto di vista esso può essere definito come una penalizzazione per le lavoratrici. Di fatto, per quanto riguarda il calcolo della rendita, la lavoratrice che va in pensione prima riceverà un assegno inferiore.
Scopriamo a quanto ammonta la penalizzazione economica basata sull’età e sul sistema di liquidazione del calcolo contributivo puro.
Pensione anticipata con opzione donna: di cosa si tratta
Opzione donna è un trattamento pensionistico al quale possono accedere le lavoratrici dipendenti e autonome, che hanno i requisiti previsti dalla legge.
Per poter accedere al suddetto trattamento pensionistico è necessario essere in possesso dei requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2021.
Quella di cui stiamo parlando è una misura sperimentale, introdotta dalla cosiddetta “Riforma pensionistica Maroni”.
Per poter accedere all’assegno pensionistico anticipato, con la misura Opzione Donna, è necessario aver maturato 35 anni di contributi. Per quanto, invece, riguarda i requisiti anagrafici minimi: è necessario che la lavoratrice abbia 58 anni (per le dipendenti) o 59 anni (per le autonome).
La Legge di bilancio 2021 ha prorogato il termine per la maturazione dei contributi minimi, che inizialmente scadevano il 31 dicembre 2020.
I 35 anni di contributi, necessari per accedere alla misura contributiva, sono calcolati al netto dei periodi di malattia, disoccupazione o prestazioni equivalenti.
La misura Opzione Donna non consente il cumulo gratuito dei contributi, cioè la possibilità di sommare le contribuzioni versate in diverse gestioni pensionistiche. Pertanto, le lavoratrici che hanno versato contributi in cassa previdenziali diverse hanno la possibilità di effettuare la ricongiunzione, ma a pagamento.
Quanto si perde di pensione
Le donne lavoratrici dipendenti o autonome che accedono alla misura pensionistica conosciuta con il nome Opzione Donna, hanno l’opportunità di andare in pensione anticipata. Tuttavia, questo vantaggio si trasforma in una penalizzazione dal punto di vista economico.
L’assegno pensionistico è calcolato con il sistema del calcolo interamente contributivo.
Dal momento che questa misura permette di accedere al pensionamento con 35 anni di versamenti contributivi, esce fuori una pensione tagliata del 15%.
Soprattutto alla luce del fatto che i contributi versati prima del 1996, quando era in vigore il sistema retributivo, sono considerati pagati dopo la suddetta data.
Di conseguenza la lavoratrice che accede a Opzione Donna riceverà un calcolo di tipo misto, che prevede una riduzione del 15% dell’assegno finale.
Inoltre, questa percentuale aumenta, in quanto il coefficiente di trasformazione applicato ad una pensione liquidata a 58/59 anni di età è più alto rispetto a quella liquidata a 67 anni. A conti fatti, la lavoratrice che accede alla suddetta misura pensionistica potrebbe vedere decurtato il proprio assegno pensionistico del 25/26%.
Secondo il monitoraggio dell’INPS sui flussi di pensionamento per i trattamenti erogati nel biennio 2020-2021: gli importi delle pensioni concesse con Opzione Donna sono mediamente inferiore a €1000 al mese.
In sintesi, la penalizzazione che deriva da questo sistema pensionistico rappresenta un vero e proprio lusso, al quale possono accedere solo poche lavoratrici.
Il vero problema del calcolo non riguarda gli anni contributivi, ma l’età anagrafica bassa rispetto a quella che permette di andare in pensione alla maggior parte delle lavoratrici.