Sogno previdenziale o modifiche da incubo? La pensione a 64 anni potrebbe più non essere una possibilità concreta per alcune categorie di lavoratori.
Il mondo del lavoro è sempre più a disagio, e i cittadini che dovrebbero pensionarsi, sono sull’orlo del baratro. Non è solo difficile avere un’occupazione stabile, a quanto pare è impossibile anche uscirsene in maniera dignitosa e senza affanni. La pensione a 64 anni, nota anche come anticipata, potrebbe venire meno per una buona parte di contribuenti. Ci sono soluzioni?
Tutto è destinato a partire dall’anno corrente per effetto della Legge di bilancio del 2025. La normativa obbligatoria, approvata lo scorso dicembre, determina come destinare le risorse finanziarie nei settori e negli ambiti che secondo l’esame svolto, sono di fondamentale importanza per la stabilizzazione del Paese. Si dovrebbe parlare di crescita, ma sarebbe un’utopia con la situazione corrente.
L’inflazione ha danneggiato il potere d’acquisto, e di contro stipendi e pensioni non sono stati adattati. Da qui, bisogna comunque fare qualcosa con quel poco di risorse che si hanno, specie per permettere il pensionamento. Il requisito per accedere alla pensione anticipata, quella a 64 anni, subisce grosse modifiche in base alle regole adottate. Parrebbe essere l’unico modo per riuscire a gestire la questione senza porre in essere la tanto attesa riforma.
Attualmente per ottenerla bisogna avere almeno 20 anni di contributi per chi ha iniziato a versarli dopo il 1° gennaio del 1996. Si tratta dei contributi chiamati “puri”. Ma è ormai definitivo, questo valore aumenterà.
Cambierà per tutti allo stesso modo? La pensione a 64 anni subisce delle modifiche per la già citata Legge di Bilancio 2025, ma bisogna approfondire la questione. Poiché non si tratta di cambiamenti che valgono a prescindere, ma quanto di evoluzioni specifiche in base ai requisiti e ai contributi che maturati. Quindi, gli aggiornamenti non sono uguali per tutti, ed è necessario approfondire la materia.
Con un ordine decrescente, cioè in aumento, i contributi richiesti passano da 20 a 25 nel 2025, mentre si potrebbe raggiungere la soglia dei 30 nel 2030. Insomma, il detto “La pensione mai”, sta diventando fin troppo reale. Per accedervi, oltre a questi elementi, è chiaro che servi rispettare delle soglie minime. Al momento, l’importo deve essere almeno pari a 3 volte l’assegno sociale che nel 2025 sarà di 1616 euro lordi al mese. Ma dipende da chi si tratta.
Perché le donne con figli possono accedervi a tetti inferiori, sfiorando la soglia di 2,8 volte per una figlia, o 2,6 per due o più. Inoltre, si ricorda che c’è un limite ben stabilito per la pensione anticipata, che si attesta a 5 volte il trattamento minimo, fino al raggiungimento dell’età per la pensione della vecchiaia. Ed è qui che “casca l’asino”, poiché è nella finestra dei 3 mesi, questo arco di tempo, che la situazione sfugge di mano e complica tutto.
È proprio questa la novità più preoccupante. Perché bisogna comunque ricordare che la il trattamento previdenziale a 64 anni, non è una pensione effettiva. Si tratta di quel periodo che serve per maturare i contributi al fine di raggiungere quella di vecchiaia. Ma l’introduzione della finestra di 3 mesi dalla maturazione dei suddetti criteri, prevede un periodo d’attesa arduo da affrontare, rendendo decisamente più complesso il pensionamento.
Per prima cosa, si limita la platea di destinatari, stimando che solo un centinaio di lavoratori potrà usufruirne con i nuovi requisiti. Poiché questi sono molto più rigidi in termini di contribuzione e importo della prestazione, ponendo un’evoluzione importante, ma sudata. Ciò introduce diverse conseguenze per chi raggiunge i requisiti previsti.
Economicamente, durante il periodo della finestra si vivrà una disagio economico senza precedenti, perché si starà senza pensione e senza stipendio. Quindi, se un soggetto smette di lavorare, rimane senza entrate in quel periodo. Solo se decidesse di continuare, potrà accumulare altri contributi finalizzati al calcolo della pensione. Quindi cosa fare?
Lavorare o no? Si può scegliere, di certo continuare implicherebbe l’accumulo dei contributi e poter usufruire di un importo finale maggiore. Al contrario, chi smette, potrebbe stare in difficoltà nei tre mesi in questione. Sostanzialmente, l’impatto sarà forte, ma non uguale per tutti. Per questo bisogna ponderare con attenzione la scelta, cioè se ne vale la pena anticipare, analizzando il proprio caso senza paragonarlo a quello di nessun altro.
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