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Economia e Finanza

Partita Iva, il regime ordinario non è un obbligo: ecco perché

In Italia, ogni libero professionista o lavoratore autonomo può scegliere se operare con Partita Iva in regime ordinario o in regime forfettario. In alcuni casi si tratta di una scelta libera, dettata dalle considerazioni del singolo lavoratore, in altri casi, però, il tipo di regime adottato è una decisione obbligata.

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Nello specifico, avere una partita Iva in regime ordinario è obbligatorio per le società di capitali, mentre è facoltativo per quelle di persone. In quest’ultimo caso, la legge prevede una serie di parametri e limiti in base ai quali il professionista/lavoratore autonomo può optare per l’uno o per l’altro regime.

Il nostro consiglio è quello di farsi sempre consigliare da una persona esperta e preparata in materia, come un commercialista. Queste figure professionali sanno indirizzare in modo ottimale e vantaggioso lo sviluppo di un’attività autonoma.

Quando conviene il regime ordinario?

Qualsiasi attività imprenditoriale che viene costituita usufruendo della forma giuridica della società di capitali, deve sempre seguire il regime ordinario.

Per le società di persone e per le ditte individuali, invece, il suddetto obbligo subentra al superamento di determinati parametri economici. In particolare:

  • 000 euro per le attività che offrono prestazioni di servizi;
  • 000 per tutti gli altri casi.

In sostanza, possiamo confermare che il regime ordinario conviene per le attività che hanno molte spese da scaricare e ricavi netti molto alti.

Il regime forfettario, detto anche semplificato, è per sua stessa definizione più semplice e conveniente. Invece, chi svolge la sua attività nell’ambito del regime ordinario assume degli obblighi contabili più complessi.

Ad esempio, nel regime ordinario, oltre ad essere prevista la gestione dei costi e dei ricavi, in caso di introiti alti, è necessario occuparsi anche delle attività e delle passività.

Quanto paga di tasse un regime ordinario?

Ora che conosciamo i requisiti minimi che prevedono l’obbligo di regime forfettario per tutte le partite Iva, andiamo ad analizzare le diverse aliquote per il versamento delle tasse.

Nel regime ordinario l’individuazione della tassazione avviene seguendo un metodo progressivo, che prende in considerazione le aliquote IRPEF dell’anno fiscale in corso. Attualmente sono previsti i seguenti scaglioni di reddito:

  • 23% per i redditi inferiori ai 15 mila euro;
  • 27% per redditi compresi tra 15.001 euro e 28.000 euro;
  • 38% per redditi compresi tra 28.001 euro e 55.000 euro;
  • 41% per i redditi che vanno da 55.001 euro a 75.000 euro;
  • 43% per redditi che superano la soglia dei 75 mila euro.

Le partite Iva del 2022 possono aderire al regime ordinario se, al momento dell’apertura dell’avvio dell’attività, viene indicato un volume d’affari presunto che non superi i parametri di cui sopra.

Se l’impresa si occupa sia della prestazione di servizi che di altre attività, verrà presa in considerazione solo quella che prevale, in termini di guadagno, su tutte le altre.

Quanto costa aprire partita Iva regime ordinario?

L’apertura di una partita Iva, sia in regime ordinario che forfettario, non prevede costi. La sua apertura è completamente gratuita, tuttavia esistono le spese di gestione e mantenimento della partita Iva.

Stiamo parlando di costi che variano in base al regime adottato. Nel caso del regime ordinario ci riferiamo a spese quali:

  • Il versamento annuo di una quota compresa tra gli 80 e i 100 euro, destinati alla Camera di Commercio;
  • I costi relativi alla parcella del commercialista che ci segue per le questioni finanziarie ed economiche;
  • Le tasse Irap (calcolato in base al valore aggiunto del prodotto) e Irpef (calcolato ai ricavi dell’azienda);
  • Costi per i versamenti dei contributi INPS.

Come si calcola l’IVA nel regime ordinario?

Il calcolo dell’Iva nel Regime ordinario prevede delle fasce di reddito: dei veri e propri scaglioni. Inoltre, questa tipologia di regime prevede l’applicazione di diverse imposte:

  • L’IVA che viene utilizzata per la vendita di prodotti o le prestazioni di servizi;
  • L’IRPEF, ovvero l’imposta sul reddito annuo, e vale solo per le persone fisiche;
  • L’IRES è l’equivalente dell’IRPEF, ma è applicabile alle società;
  • L’IRAP, cioè l’imposta regionale sulle attività produttive (dal 1° gennaio 2022 si applica solo alle società).

Il calcolo dell’Iva per le attività che adottano il regime ordinario avviene sulla base del fatturato annuo, ai quali vanno sottratti i costi sostenuti per l’esercizio dell’attività stessa. In pratica, occorre sottrarre le voci relative alle spese sostenute durante l’anno (es. pagamento canoni di locazione dei locali, costi relativi all’acquisto di macchinari o dispositivi di sicurezza, contribuiti previdenziali, etc.).

Se la partita Iva che opera in regime ordinario è associato ad una persona fisica, questa è tenuta a versare l’IRPEF nel rispetto degli scaglioni previsti attualmente.

Se, invece, ad adottare il regime ordinario è una società, questa è tenuta a versare l’IRES applicando un’aliquota fissa del 24% sul reddito annuo.

Quanto costa la partita Iva al mese?

Le fasce di reddito indicate dall’Agenzia delle Entrate per l’individuazione delle aliquote Irpef da versare sono su base annuale. A questi vanno aggiunti i costi di mantenimento della partita Iva che, come abbiamo visto, riguardano le spese del commercialista, il versamento dei contributi, etc.

Per comprendere meglio quali sono le quote che il libero professionista/ lavoratore autonomo deve tenere in considerazione mensilmente, abbiamo realizzato uno schema approssimativo:

  • Per le attività con fatturato annuo che non supera i 30.000 euro, la tariffa mensile per il versamento dell’IRPEF è di circa 55 euro;
  • Per le attività con un fatturato annuo compreso tra 30.000 euro e 40.000 euro, la quota mensile è di 59,50 euro;
  • Per le attività che hanno un fatturato annuo che non supera i 50.000 euro, le spese da sostenere mensilmente ammontano a circa 64 euro.

LEGGI ANCHE >> Ditta individuale: c’è bisogno della partita IVA per aprirla? La risposta vi sorprenderà

Quante tasse si pagano con la partita Iva?

Le tasse pagate da una partita Iva che pera in regime ordinario sono: l’IRPEF, l’IRES e l’IRAP.

L’IRPEF è un’imposta sul reddito delle persone fisiche, che viene versata sia dai lavoratori autonomi che dai dipendenti.

Tuttavia, esiste un limite di reddito al di sotto del quale, la persona fisica non è tenuta a versare l’IRPEF. Si parla della cosiddetta “No Tax Area” e include i redditi fino a 8.174 euro.

L’aliquota Irpef è un’imposta progressiva e prevede diverse percentuali in base ad altrettanti scaglioni di reddito annuo.

Vediamo nel dettaglio come funziona l’imposta dovuta:

  • per i redditi da 15 mila euro: l’aliquota è del 23% e l’imposta dovuta è del 23% sulla parte eccedente la “No Tax Area”.
  • da 15.000,01 euro a 28.000 euro: l’IRPEF è del 27% di cui 3.450€ +27% sulla parte che eccede i 15 mila euro.
  • da 28.000,01 € a 55.000 euro: si versa il 38% di IRPEF e l’imposta dovuta è 6.860€ + 38% della parte che eccede i 28.000 euro.
  • da 55.000,01 euro a 75.000€: si versa il 41% di IRPEF e l’imposta dovuta è 17.220€ + 41% della parte che eccede i 55.000 euro.
  • oltre i 75.000 euro: l’aliquota è al 43% e l’imposta dovuta è di 25.420 euro +43% sull’eccedenza di 75.000.
Floriana Vitiello

Aspirante giornalista. Si occupa della stesura di articoli per il web da oltre 5 anni. La scrittura è la sua più grande passione. Dopo diversi progetti editoriali in veste di Ghostwriter, approda su Trading.it e si dedica all’elaborazione di testi riguardanti pensioni, fisco e tasse. Impegnata in diversi progetti editoriali.

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