Quali sono le novità 2022 per la partita Iva regime forfettario? In quest’articolo scopriremo quali sono i requisiti per poter accedere al regime forfettario e ci soffermeremo sull’obbligo di fatturazione elettronica. Questo, infatti, è stato esteso anche i forfettari: ma in che limite? A partire da quando?
Ancora non si conosce la data dell’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica per il regime forfettario. Tuttavia, il Comitato dei rappresentanti permanenti UE ha confermato l’estensione dell’obbligo di fattura elettronica. Ora, manca solo l’ufficialità e l’assorbimento della direttiva europea da parte dell’ordinamento italiano.
In somma, l’obbligo non è ancora in vigore. Ma c’è da aspettarsi che nei prossimi mesi le cose possano cambiare.
Il forfettario è un regime fiscale valido per le partite Iva individuali. Lo scopo dell’introduzione di questo regime è quello di rende più semplice la gestione degli aspetti fiscali e contabili.
Sebbene, il regime forfettario sia stato introdotto per la prima volta in Italia nel 2015, le successive Leggi di Stabilità lo hanno riformato, modificando i parametri di accesso.
La scelta del regime forfettario dipende dalla presenza di determinati elementi economici, e non solo. Di conseguenza, possiamo affermare che optare per questo regime fiscale possa essere conveniente per alcune categoria di lavoratori autonomi/professionisti.
Per aderire al regime forfettario è necessario non superare il tetto massimo di ricavi lordi annui fissato a 65.000 euro. Se il titolare di partita Iva svolge attività identificabili con diversi codici ATECO, occorre prendere in considerazione quella economicamente più influente.
Inoltre, per essere poter accedere al regime fiscale semplificato è necessario rispettare altri parametri, quali:
A differenza del regime ordinario, per lavoratori autonomi e ditte individuali, per il quale è prevista un’aliquota Irpef progressiva, nel regime forfettario c’è una tassazione fissa.
In sostanza, la percentuale di imposta da versare è la stessa per tutte le fasce di reddito che non superano i 65.000 euro. Tuttavia, c’è una differenza che riguarda le start up che sono tenute a versare il 5% di imposta contro il 15% valido per le altre partite Iva.
Per ottenere il valore della somma da versare nelle casse dell’erario occorre prendere come base imponibile l’importo fatturato e le aliquote sopracitate. Successivamente è necessario moltiplicare il risultato ottenuto dalla prima operazione, per un coefficiente di redditività.
Quest’ultimo varia in base al settore di appartenenza del codice ATECO. Ad esempio è del 40% per le industrie alimentari e delle bevande, del 54% per le attività di commercio ambulante, del 62% per gli intermediari del commercio, etc.
Il costo previsto per l’apertura di una partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate è pari a zero. Gli oneri che il libero professionista / lavoratore autonomo è tenuto sostenere riguardano la gestione e il mantenimento della fattura.
Le spese da affrontare variano in base alla città in cui si svolge l’attività lavorativa, all’età del titolare di partita Iva e al sesso. Tuttavia, con il regime forfettario, il range di costi va da un minimo di 400 euro ad un massimo di 1.000 all’anno. A queste cifre occorre aggiungere l’importo dell’IVA.
A cosa fanno riferimento queste spese? Alla parcella del commercialista, all’iscrizione all’INPS e al all’iscrizione al registro delle imprese.
Infatti, per avviare un’attività in proprio aderendo al regime forfettario è necessario recarsi presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate ed effettuare la relativa comunicazione. Sono previsti 30 giorni, a partire dall’inizio dell’attività, per effettuare l’intera procedura.
La richiesta può essere fatta tramite modello AA9/7 (sia per lavoratori autonomi che ditte individuali), allegando il proprio documento d’identità.
Per i lavoratori autonomi sono necessarie 24 ore, per l’apertura della partita Iva. Per le ditte individuali, occorrono dai 2 ai 7 giorni lavorativi.
Aderendo al regime fiscale forfettario, il contribuente sa che i suoi redditi annui lordi sono assoggettati ad un’unica imposta sostitutiva. Questa, infatti, ha preso il posto di tutte le altre imposte, come IRES e IRPEF.
Uno degli aspetti vantaggiosi del regime forfettario riguarda l’assenza dell’addebito dell’Iva. In sostanza, chi ha una partita Iva in regime agevolato non è tenuto ad addebitare, al cliente, in fattura l’Imposta sul Valore Aggiunto.
Di conseguenza, il suddetto lavoratore autonomo / professionista non dovrà rispondere a tutti gli adempimenti che sono previsti per il regime ordinario. Ci stiamo riferendo ad agevolazioni e semplificazioni quali: mancato obbligo di dichiarazione dell’Iva, mancata registrazione dei corrispettivi e delle fatture.
I costi relativi all’apertura di una partita Iva con regime forfettario dipendono dal tipo di attività svolta (lavoratore autonomo o ditta individuale). Fermo restando che la partita Iva non ha alcun costo, ma prevede oneri di gestione.
Al netto dei diversi obblighi e delle differenti adempienze che possono presentarsi, in linea di massima i costi annui per una partita iva in regime forfettario si aggirano sulle 200 euro, a cui va aggiunta l’IVA.
Pertanto, su base mensile, parliamo di una cifra pari a 17 euro.
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Il lavoratore autonomo o la ditta individuale che hanno i requisiti per accedere al regime forfettario ottengono una serie di vantaggi, tra cui l’aliquota fissa al 15% (5% per le start up).
Inoltre, chi aderisce a questo regime fiscale può ottenere un’ulteriore riduzione sulle imposte, versando solo il 5% per i primi 5 anni. Per avere questo beneficio occorre essere in possesso di determinati requisiti:
Qualora si presentassero i suddetti requisiti, il contribuente avrebbe diritto all’ulteriore agevolazione che durerà per i 5 anni successivi. A partire dal sesto anno, l’aliquota salirà al 15%.
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