Tutelarsi non è più così facile per il lavoratore che deve fare i conti con numerosi cambiamenti nel proprio settore. Quando il contratto non è valido? Situazioni sconvolgenti.
Può mai essere che si stipuli un contratto non valido? Il mondo del lavoro ha così tante sorprese, che un’eventualità del genere non è così remota. Criticità, blocchi, stalli e infrazioni possono capitare ovunque, anche in questi contesti. Ovviamente, conoscere l’importanza dei dati può fare la differenza, specie per chi è alle prime armi, o abbia a che fare con contrattazioni a tempo determinato, quindi con una natura precaria del rapporto di lavoro.
La normativa che si analizza va a favore della parte lesa, la quale è nella maggior parte dei casi lo stesso soggetto, il lavoratore. Non perché lo si debba aiutare a prescindere, ma poiché è nella maggior parte dei casi il soggetto del rapporto posto in una condizione tutto, meno che favorevole.
Quest’ultimo ha sempre più a che fare con situazioni poco piacevoli, anche perché il mercato occupazionale italiano sta vivendo delle complessità difficili da risolvere. Non è sempre colpa del dipendente, ma peccare di superficialità o ingenuità potrebbe essere ciò che aggrava la situazione in atto. Cosa non può assolutamente mancare?
Dei dettagli fanno la differenza. Infatti, controllare che tutti i dati siano in regola, è essenziale. La questione è legata all’ammontare da percepire, quindi non è roba di poco conto. Tra tutte le stipulazioni, quella del contratto di lavoro part-time è quella più utilizzata, ma occhio a questi errori, dato che è anche quella più a rischio.
Quando il contratto non è valido: normativa e gestione in aggiornamento
Come capire se un contratto di lavoro è valido o non è valido? Bisogna analizzare caso per caso, infatti non si vuole dire che quelli part-time sono da disdegnare a prescindere, ma che si tratta di quelli più a rischio. Tutelarsi mediante l’informazione è il primo passo, anche perché è un dato specifico a fare la differenza. A puntualizzare ciò è la stessa Corte di Cassazione con la sua sentenza.
Nel contratto di lavoro part-time deve figurare in maniera trasparente l’ammontare delle ore da svolgere. Ciò consente al dipendente di organizzare la propria quotidianità, anche per quanto concerne la retribuzione che gli spetta e destinare le sue risorse. Questo anche nell’eventualità di intrattenere più rapporti part-time, al fine di vivere dignitosamente. Tali affermazioni non sono “aria fritta”, ma l’enunciazione dei principi sanciti dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11333 del 2024.
Quindi, nonostante si tratti anche di lavori su turni che quindi possono essere soggetti a “rinvii”, cioè modifiche, comunque la Cassazione ritiene che si debba già indicare l’ammontare ore in maniera specifica e trasparente nel contratto. Potrebbe sembrare un’informazione scontata, ma non è affatto così. Questo la dice lunga sul trattamento subito.
Molti lavoratori non lo sanno, ma se sia successo o accadrà, di vedere il proprio orario modificato, si può richiedere, oltre alla retribuzione ordinaria, anche un’altra somma per risarcire il danno.
Poiché non deve essere sottovalutato, ma vedersi modificare gli orari di lavoro continuamente e senza una logica che rispetti le proprie esigenze, è un danno importante per il dipendente. Come se non bastasse, c’è un’altra informazione essenziale. In certi contesti e avvenimenti, il risarcimento è uguale al 5% della retribuzione lorda che spetta al lavoratore. Può anche accadere tra il 10% e il 12%!