Siamo caduti probabilmente in quella che Nassim Taleb, ex trader, epistemologo e matematico di origine libanese, ha definito in uno dei suoi libri intitolato Il cigno nero, la fallacia narrativa.
La mente umana, seguendo un certo tipo di stimoli, orientamenti empirici e culturali, è portata a organizzare le conoscenze e di conseguenza la percezione di ciò che ritiene verosimile, rimanendo solamente all’interno di un certo tipo di regole strutturali. Ciò è in grado di generare uno scollamento tra la realtà empirica le conoscenze già acquisite, o come direbbe la PNL, tra la mappa e il territorio. La nostra capacità di processare informazioni, si muove in maniera inversamente proporzionale alla capacità di cogliere le variazioni e i dettagli delle teorie, dalle quali siamo soliti partire per elaborare scenari sul futuro.Se lo scenario non coincide con un certo tipo di narrazione, siamo inclini a ignorarlo, analizzando con attenzione solo quei racconti che hanno riscontri con ciò che in precedenza abbiamo ritenuto vero.
Questo principio segna uno spartiacque importante nell’economia, in quanto siamo di fronte alla consapevolezza dell’incapacità di accogliere nelle scelte, individuali e collettive, l’imprevedibile. Le ricette economiche adottate in Europa, successivamente al primo lockdown, stanno creando degli effetti positivi, calano infatti i fallimenti e i risparmi delle famiglie sono aumentati.
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Siamo ancora tuttavia ancorati a una percezione lineare di quanto accade, è recente la notizia di una nuova variante del virus che potrebbe, diversamente da quella detta “inglese”, non solo essere più contagiosa, ma sfuggire agli anticorpi, nonostante la capacità di questi di riconoscere la malattia. È una zona grigia il continuo imprecisato insorge di nuove varianti, un’incertezza che preoccupa tanto da far svelare dalla presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen, la presenza di un piano di pronto intervento contro gli agenti biologici, chiamato Health Emergency Preparedness and Response Authority (HERA). Per mezzo di esso verranno poste in sinergia manifattura e biotecnologie, con la ricerca biomedica per la produzione tempestiva di soluzioni, in quella che a suo dire è l’era delle pandemie.
Visti gli sforzi necessari ai paesi più avanzati per trovare soluzioni organizzate in modo strutturale, l’incertezza più manifesta è capire come potranno garantirsi la fornitura di vaccini, riservata oggi al 15% della popolazione mondiale, i paesi emergenti, o quelle popolazioni che sono ancora lontane dall’essere tali.
Ciò porterà notevoli squilibri, visto che le nazioni ricche hanno più della metà delle dosi disponibili delle case produttrici, con il 61% dalla popolazione mondiale che non avrà un vaccino almeno fino al 2022. È uno scenario che naturalmente dovrà considerare tutti gli sviluppi, anche positivi, ma sempre imprevedibili, di quello che sarà un anno d’intensi cambiamenti.
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