È illecito penale il comportamento del datore di lavoro che opera le trattenute sulle retribuzioni dei dipendenti, ma poi non le versa alle casse dello Stato? Una interessante e recente sentenza della Corte Costituzionale contiene elementi nuovi. Vediamo perché
Come è ben noto grazie alle norme del diritto del lavoro, i lavoratori subordinati hanno diritto al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per i periodi maturati. Di ciò deve occuparsi il datore di lavoro, che effettua le trattenute sulle retribuzioni, ed integra la parte restante per giungere al totale previsto.
Ebbene, ci si potrebbe chiedere quando non pagare le ritenute è da considerarsi un reato, soprattutto se pensiamo che il gesto più grave del datore è quello non di non operare le ritenute, ma di prelevarle dallo stipendio dei propri lavoratori senza però versarle allo Stato. Per questa via, il datore si appropria di fatto di somme su cui non ha alcun diritto, a danno sia dei suoi dipendenti che dello Stato stesso.
Proprio su questi temi, una interessante e, in qualche modo, inaspettata sentenza della Consulta dello scorso 14 luglio ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte di una legge del 2015, relativa alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario, e di un provvedimento del 2000 – recante la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto – nella parte in cui dispone la responsabilità penale per l’omesso versamento di ritenute dovute, sulla scorta della mera dichiarazione annuale di sostituto d’imposta (modello 770). Vediamo più da vicino che cosa è successo.
Abbiamo detto sopra che la condotta del datore di lavoro che trattiene le somme, prelevandole dalle retribuzioni ma non versandole poi allo Stato, è certamente non conforme alla legge. Ebbene, per sanzionare questi comportamenti illegali c’è stato finora ed è stato applicato il reato di omesso versamento di ritenute. Ma appunto il recente provvedimento della Corte Costituzionale è intervenuto un po’ a sorpresa, e con conclusioni nient’affatto scontate.
Che cos’è cambiato con questa pronuncia? Ebbene, i giudici della Consulta di fatto hanno rilevato profili di illegittimità costituzionale di alcune norme su questi argomenti, con la conseguenza pratica che – rispetto al sistema introdotto nel 2015 per inasprire le sanzioni nei confronti dei datori di lavoro – si fa marcia indietro.
Ebbene sì, secondo la Corte è necessario tornare al regime precedente, costituzionalmente accettabile ma più blando e meno severo nei confronti del responsabile. Ciò in quanto le soglie di punibilità oltre le quali scatta l’illecito penale sono più alte. Anzi, chi si mantiene sotto soglia, pur adottando un comportamento di certo scorretto, resta indenne da conseguenze penali.
Si tratta di una pronuncia senza dubbio degna di nota, se consideriamo – oltre agli obblighi di versamento suddetti – la rilevanza del modello 770, ovvero il modello utilizzato dai sostituti d’imposta e dalle PA per la dichiarazione dei dati legati alle ritenute compiute, ai versamenti svolti, ai crediti e così via.
Il caso sottoposto all’attenzione della Consulta traeva origine da un iter penale, in cui il legale rappresentante di una Srl risultava imputato dell’illecito del mancato versamento di ritenute, siccome non aveva versato, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ritenute che emergono dalla dichiarazione annuale Modello 770 per un importo totale corrispondente a circa 675.000,00 euro.
Rimarchiamo che l’omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali è senza dubbio un reato previsto dalla legge, per cui è prevista la reclusione e la multa, laddove l’importo in euro delle ritenute effettuate, ma non versate allo Stato oltrepassa la cd. soglia di punibilità. Al di sotto di questa soglia, non si applica la sanzione penale ma quella amministrativa pecuniaria, sicuramente meno pesante per il responsabile.
La sentenza della Consulta ha mutato lo scenario normativo perché ha dichiarato illegittima, per eccesso di delega, una legge del 2015 la quale aveva integrato nella fattispecie di reato il riferimento al modello 770, con cui i datori di lavoro, che operano in veste di sostituti d’imposta verso i dipendenti, indicano l’importo delle trattenute previdenziali e assistenziali svolte.
Ebbene, la Corte Costituzionale ha peraltro rilevato l’illegittima disparità di trattamento:
Secondo la Corte, è un caso di evidente ‘irragionevolezza’ da parte del legislatore delegato.
Concludendo e sintetizzando, a seguito di detta pronuncia oggi la condotta sanzionabile dalle norme penali è ritornata ad essere quella che attiene alle ritenute certificate per un totale al di sopra dei 150mila euro per ogni periodo d’imposta. In buona sostanza torna ad essere applicata la norma incriminatrice nella sua formulazione pre 2015 (soglia di punibilità più elevata), sicuramente meno severa per il responsabile dell’omesso versamento ritenute.
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