L’indecisione e il disaccordo dei paesi Opec sulla produzione di petrolio ha bloccato il 5 luglio la concertazione dei quantitativi di greggio da immettere sul mercato, stabiliti a partire dalla primavera del 2020.
La diplomazia tra gli stati produttori è riuscita il quattordici luglio a sbloccare la situazione, con l’avvenuto accordo tra Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. I primi richiedevano un aumento della propria quota dagli attuali 3,2 fino ai 3,8 milioni di barili, contrastati dalla volontà dell’Arabia Saudita che non vedeva di buon grado la ridiscussione degli accordi a vantaggio di un solo membro del cartello.
Evitata per ora la prosecuzione dei rincari del prezzo del greggio, che a partire dai massimi raggiunti il 4 luglio a quota 76,72 dollari è arrivato il 20 luglio ai minimi, sul supporto di prezzo posto intorno ai 67,44 dollari.
L’effetto sul prezzo del future sul greggio è dovuto essenzialmente al rinnovato consenso dei Paesi del Cartello che si sono accordati per aumentare l’output ritenuto insufficiente, che a partire da agosto aumenterà ogni mese fino alla fine dell’anno di 400 mila barili. L’accordo dovrebbe ripercuotersi sul medio periodo sui prezzi dei carburanti e sul costo dei trasporti e delle merci. Un accordo che è stato possibile unicamente concedendo agli Emirati Arabi e ad altre nazioni come Russia e la stessa Arabia Saudita di ottenere un vantaggio sugli altri membri in termini di livelli produttivi concessi. Gli Emirati Arabi hanno ottenuto un compromesso rispetto le richieste iniziali pari ai 3,8 milioni arrivando comunque ai 3,5 milioni di barili, così anche Arabia Saudita e Russia che hanno contestualmente aumentato la loro immissione di greggio sul mercato da mezzo milione a 11,5 milioni al giorno.
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I paesi del cartello continueranno a incontrarsi mensilmente a partire dal prossimo 1 settembre. Gli investitori e i trader che operano sui future del petrolio dovrebbero considerare ora più che mai la velocità con la quale i paesi Opec sono in grado di rimettere in discussione o interrompere i propri accordi anche durante situazioni di grande incertezza economica.
La pandemia, che nei primi mesi del 2020 ha fermato il mondo e provocato il crollo della domanda di petrolio, ha costretto i paesi produttori a operare una strategia finalizzata a recuperare i mancati introiti e liberarsi contestualmente delle scorte accumulate. Per questo motivo il prezzo del greggio è ora particolarmente suscettibile delle variazioni della crisi sanitaria, che rischia ancora di compromettere la ripresa economica globale.
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