Gli italiani probabilmente dovranno pagare di più anche di IRPEF. La notizia fa paura, ma non vi è rimedio: situazione inevitabile
L’IRPEF è l’acronimo di Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche ed altro non è che una tassa che le persone fisiche che risiedono in Italia devono versare sulla base del proprio reddito. Introdotto nel 1974, si tratta di un tributo progressivo che serve a finanziare la spesa pubblica, quindi gli interventi infrastrutturali, economici e sociali e si calcola sulla base di aliquote, progressive al reddito: più quest’ultimo cresce, più anche le prime aumenteranno.
Proprio in queste settimane, il governo Meloni sta lavorando alla nuova Legge di Bilancio 2025 e uno dei caposaldi di questa manovra è la conferma dell’IRPEF a tre aliquote e del taglio al cuneo fiscale. Si tratta due misure che, complessivamente, costeranno poco meno di 20 milioni di euro all’anno allo Stato. Per come queste norme sono state scritte, però, per l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) gli scaglioni di IRPEF non saranno tre, ma sette.
A livello teorico, l’IRPEF secondo la nuova Legge di Bilancio ammonterà al 23% per redditi fino a 28mila euro; al 35% per redditi dai 28mila ai 50mila euro e al 43% per redditi oltre i 50mila euro. A questo sistema a tre scaglioni va sovrapposto il taglio del cuneo fiscale che, se fino a quest’anno ha riguardato i contributi da versare in busta paga, nel 2025 funzionerà diversamente. Fino a 20mila euro di reddito consisterà in un bonus esentasse direttamente in busta e da 20mila a 40mila prevederà una detrazione fiscale.
Il problema, però, è che sebbene il numero di aliquote legali diminuisca, quello delle aliquote effettive aumenta. Per i redditi tra 32mila e 40mila euro, infatti, queste raggiungono addirittura il 50%: quando la detrazione inizia a scendere, infatti, lo fa molto rapidamente e, se per chi guadagna 32mila euro è di 1000 euro, per chi ne prende 40mila deve arrivare a 0. Inevitabile, quindi, che si finisca per pagare in media un’aliquota più alta di quella che, per il medesimo reddito, si è pagato nel 2024.
Il problema, secondo Upb, può portare ad un aumento della complessità del calcolo dell’imposta sia per il sistema che per il contribuente, per il quale risulta più difficile capire quali siano gli esatti importi che deve versare e ricevere.
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