Assegno di mantenimento, se lavori part-time lo puoi perdere. Cosa spiega la Corte Suprema in merito a questo
Quando una coppia si separa, soprattutto se ci sono figli minori a carico, si pone il famoso problema del mantenimento. Ed è qui che la giurisprudenza interviene, in particolare se non c’è accordo tra i coniugi.
L’assegno di mantenimento, in questi contesti, assume un doppio ruolo: quello assistenziale e perequativo. Nel primo caso, si tratta di un supporto economico che si dà una volta finito il matrimonio e dunque cessata la convivenza (naturalmente, in caso di convivenza more uxorio non è dovuto).
Nel secondo caso, è atto a equilibrare i ruoli genitoriali, riconoscendo al genitore economicamente più debole il ruolo di formazione del patrimonio familiare e personale della coppia. L’assegno di mantenimento è fornito in base al reddito del genitore economicamente più forte, ed è destinato principalmente al mantenimento dei figli.
Ci sono dei casi, tuttavia, in cui si perde l’assegno di mantenimento, e non sono i soliti. Si può perdere infatti l’assegno anche se si ha un lavoro part-time. Vediamo meglio quali sono i contesti e come si espressa la Cassazione, in merito.
Recentemente, la Corte Suprema di Cassazione si è espressa in merito a una vicenda, ossia la storia di una donna, ex coniuge, che lavorava part-time.
La discussione poneva il focus su se, lavorando part-time, le spettasse l’assegno di mantenimento. In base all’art.156 del Codice Civile, l’assegno spetta nei seguenti casi:
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, l’assegno di mantenimento non spetta al coniuge che ha possibilità di lavorare a tempo pieno, avendo competenze ed esperienza per farlo, nonché tempo, e che sceglie invece di continuare a lavorare part-time, con un reddito minore.
Il caso in questione riguardava una donna laureata che, nonostante avesse figli ormai maggiorenni, continuava a lavorare part-time. In sostanza, il diritto al mantenimento si paventa nel momento in cui, uno dei coniugi non riesce a mantenersi in modo autonomo. Nel caso valutato dalla Corte Suprema, la donna avrebbe avuto diritto a continuare a percepire l’assegno, se il compenso ricavata dal lavoro non fosse bastato a vivere dignitosamente.
Inoltre, avrebbe dovuto provare di aver scelto un lavoro part-time per dedicarsi a famiglia e casa. Ma nel caso della donna, i figli erano adulti.
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