Tra i percettori della NaspI, il sussidio di disoccupazione, c’è chi rischia anche 3 anni di carcere. Ecco in quali casi.
La NaspI, come sappiamo, è un sussidio economico erogato a favore di tutti quei lavoratori che hanno perso il lavoro, non per loro volontà. Viene concessa se il lavoratore ha maturato un determinato numero di giorni e di contributi. La misura può essere davvero utile a superare il momento di difficoltà dovuto alla perdita delle entrate economiche. A seconda della situazione contributiva e di altri parametri può essere erogata anche per 24 mesi. Un lasso di tempo congruo, insomma, per riuscire a trovare un altro lavoro.
Se una persona, o un intero nucleo familiare sono in difficoltà, possono accedere anche all’RDC, un reddito che può aiutare in un momento difficile. Lo Stato, insomma, di concerto con l’INPS, offre diverse soluzioni ai cittadini che vivono un periodo della vita complicato. Cosa che può succedere a chiunque. Ma lo Stato non è certo “Babbo Natale”, e se qualcuno tenta di “gabbarlo” sono guai.
NaspI, chi rischia il carcere
Mettiamo il caso ad esempio, che un lavoratore che ha perso il lavoro abbia avviato la pratica per la NaspI, e sia risultato idoneo. Mentre riceve l’assegno mensile, può ovviamente trovare un nuovo lavoro, come subordinato o come autonomo. A seconda del reddito presunto, il sussidio può comunque essere percepito. Infatti la NaspI è compatibile col nuovo impiego, se il reddito risulta inferiore ad un determinato limite. Ma se un percettore dell’assegno di disoccupazione decide di fare il “furbetto”? Se per esempio va a lavorare “in nero”, così da tenersi TUTTA la NaspI, rischia davvero grosso.
Non solo il carcere fino a 3 anni. La detenzione può arrivare anche fino a 6. Prima di tutto perché il lavoro in nero è contro la Legge, e non valgono “scusanti”. Sia il lavoratore che il datore di lavoro, se “beccati”, pagano cara questa infrazione alla Legge. Non solo, il lavoratore rischia anche “l’accusa di falsità ideologica in atto pubblico, ovvero di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato.” Ma può essere intravisto anche il “reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.” Da qui la pena massima di detenzione fino a 6 anni.
Lavorare in nero, dunque, e percepire NaspI, RDC o altri tipi di sussidi è non solo disonesto, ma anche pericoloso. I controlli da parte dello Stato, giustamente, si fanno sempre più stringenti. Se una persona si ritrova “costretta” a lavorare in nero, può denunciare il suo datore di lavoro. Anche se lì per lì percepire contanti senza contratto (magari con la promessa di qualche “extra”) può sembrare una buona idea, alla lunga non è così. Oltre al rischio penale, infatti, lavorando in nero non si maturano i contributi né per eventuali erogazioni di NaspI né per la futura pensione.