Non è mai esagerato prendere la dovute precauzioni, specie se queste significano perdere la Naspi con la costrizione alla restituzione secondo la sentenza n. 90 del 2024.
Tempi moderni, conseguenze negative in esubero? L’ultima sulla Naspi lascia senza parole i contribuenti che vorrebbero tutto, meno che effettuare una restituzione. C’è da dire che non accade sempre, ma quando succede è davvero un duro colpo. Questo secondo quanto emesso dalla sentenza, ecco le ragioni e le modalità di gestione. Esiste una strategia per tutelarsi?
La Corte Costituzionale emette la sua sentenza facendo tirare un sospiro di sollievo ad alcuni contribuenti, mentre altri devono fare i conti con una situazione poco piacevole. Protagonista del caso concreto è un uomo fruitore di Naspi, il quale ricevuta l’indennità, l’ha investita nell’apertura di un bar. La sorte ha voluto che poco dopo abbia dovuto chiudere a causa del Covid.
È attorno a questo episodio che si esaurisce la decisione della Suprema Corte, la quale sembra proprio non avere dubbi in merito. Sono diversi gli imprenditori che si sono trovati in una situazione del genere, quella in cui avendo ricevuto il bonus incentivo all’imprenditorialità, il soggetto disoccupato, avrebbe potuto dare origine ad un propri progetto.
Peccato che il Covid abbia distrutto questa prospettiva di crescita. È stato costretto a riconsegnare la Naspi?
La sentenza non lascia dubbi, restituzione Naspi: casi in cui è dovuta
Quindi, prima che terminasse il periodo di ricezione dell’indennità, il soggetto ha dovuto chiudere il bar ed accettare un lavoro subordinato a tempo indeterminato. La pandemia di coronavirus che ha rovinato ogni suo sogno imprenditoriale. L’INPS allora ha agito si conseguenza, richiedendo indietro la somma, ma è stato proprio in questo caso che il giudice si è opposto. Perché?
Ci sono dei casi in cui la restituzione della Naspi non è dovuta, e questo rientra perfettamente nelle circostanze giuste. La legge disciplina ogni caso proprio per evitare possibili ingiustizie, e questo è un episodio più che concreto. Non può accogliersi un ripristino integrale della somma percepita, perché sarebbe una decisione illegittima in quanto violerebbe il principio di proporzionalità e ragionevolezza. Lo stesso diritto del lavoro ne risulterebbe tradito secondo quanto sancito agli articoli 3 e 4 della Costituzione.
Tutto verte attorno alla pandemia, perché per colpa di quest’ultima il sogno imprenditoriale del soggetto in questione, è svanito. Di conseguenza è per impossibilità sopravvenuta o definita insuperabile oggettiva difficoltà che non ha potuto né portare avanti il proprio progetto, né tantomeno usufruire per intero della misura.
In poche parole, non è colpa del beneficiario se la situazione è venuta meno. Se si fa un piccolo passo indietro nel tempo e si ricorda bene quel periodo, le restrizioni hanno distrutto imprese e aziende, oltre che fatto chiudere persino i punti di ristoro di età maggiore.
Alla fine, il percettore della Naspi ha dovuto riconsegnare solo parzialmente la somma percepita. Ha dato in cambio solo quanto ha ottenuto e per il periodo in cui l’ha utilizzato.