Gli sviluppi politici dell’Italia portano a un giudizio negativo dell’agenzia Moody’s.
Moody’s ha confermato il rating Baa3 ma revisiona l’outlook che passa da stabile a negativo. Intanto Draghi conclude il suo mandato con una modifica allo statuto di Bankitalia.
Vi sono rischi maggiori senza la guida di Draghi per il contesto politico ed economico in relazione all’attuazione delle riforme. Questa la sintesi delle ragioni dell’agenzia di rating Moody’s che abbassa in prospettiva il valore dei Titoli di Stato italiani.
Vi è il rischio che la solidità fiscale dell’Italia sia ulteriormente indebolita da una crescita lenta, da costi di finanziamento più elevati e da una disciplina fiscale potenzialmente più debole. Il Governo Draghi ha compiuto progressi significativi nel rispettare pienamente e puntualmente le tappe e gli obiettivi contenuti nel Pnrr e lo stesso non può essere assicurato finché non sarà conosciuta la maggioranza che formerà il nuovo governo.
La preoccupazione è che ora al peggioramento dell’outlook, segua un peggioramento del rating. L’Italia si trova così in una fase di monitoraggio e spera di potere proseguire sulla strada della crescita e delle riforme. Rimane l’incognita delle elezioni politiche del 25 settembre e delle tensioni geopolitiche.
L’Italia rimane stabile e mostra la sua solidità nonostante le preoccupazioni
La crescita annuale acquisita del PIL per il 2022 è pari al 3,4% a ciò si aggiungono l’avanzamento nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di cui finora sono stati raggiunti tutti gli obbiettivi. Ci sono inoltre progressi importanti nel conseguimento della sicurezza energetica con lo stoccaggio del gas naturale arrivato al 74%. Tutto viene ottenuto senza modificare l’obiettivo di disavanzo pubblico fissato dal DEF per il 2022. Il debito pubblico italiano può diminuire nel 2022 di 6 punti percentuali arrivando al 145%. Il debito aumentato di 11 punti percentuali nel contesto anomalo della pandemia può diminuire anche nel 2023 stabilizzandosi sotto il 143%.
La modifica dello statuto di Bankitalia
Una novità emerge in questi giorni per quanto riguarda il settore bancario italiano. Il Consiglio dei ministri del 4 agosto ha infatti approvato la modifica allo statuto di Bankitalia.
La Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico, con un capitale diviso in 300.000 quote per un totale di 7,5 miliardi di euro. Nel 2014 il governo Letta fissò al 3% la soglia massima di quote che si potevano detenere in modo da evitare il controllo da parte di uno o pochi soggetti. Chi supera la soglia subisce il mancato esercizio del diritto di voto in assemblea e il mancato incasso dei dividendi per le quote eccedenti.
Il governo può decidere il valore delle quote che vendute possono realizzare plusvalenze e generare rendimenti in termini di cedole. Prima del 2014 infatti il capitale complessivo valeva poco più di 150.000 euro. Pochi giorni fa con la nuova modifica allo statuto ciascun socio potrà detenere quote fino al 5% del totale. Fino a 15.000 quote che permette ora di partecipare al processo decisionale e incassare i dividendi prima in eccesso in particolare a Unicredit, che ha 15.000 quote e Intesa Sanpaolo con 14.736.