Il mercato del lavoro negli Stati Uniti sembra essere arrivato all’estremo opposto di quelli che erano i timori dell’amministrazione Biden, finendo per diventare estremamente rigido e scontando gli effetti degli aiuti economici in maniera paradossale.
È passato poco più di un anno da quando gli Stati Uniti hanno modificato le loro abitudini negli spostamenti e nei contatti sociali per far fronte alla crisi sanitaria, ma l’economia USA è ancora lontana da una completa riapertura.
L’amministrazione di Joe Biden in questi mesi ha avviato una serie di progetti per ridare linfa al mercato del lavoro e all’economia, avvantaggiandosi della situazione per implementare cambiamenti a quelli che sono i problemi strutturali del paese, in modo tale da portare avanti una strategia economica a lungo termine. Ha puntato in primo luogo sugli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, in particolar modo sull’energia solare, il cui costo verrà ridotto del 60% nei prossimi 10 anni, al fine di arrivare ad avere energia pulita sufficiente a sopperire al fabbisogno energetico della nazione entro il 2035.
Nonostante questi sforzi e la recente approvazione di un altro piano economico da 579 miliardi destinato questa volta in larga parte al settore dei trasporti e delle infrastrutture, secondo la Federal Reserve manca l’apporto al mercato del lavoro di almeno otto milioni di lavoratori.
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Ma dove sono finiti i lavoratori USA? È quello che si è chiesto anche Disney. Nonostante infatti i consumi degli americani abbiano ricominciato a crescere notevolmente, con una trend economico che secondo le aspettative salirà a ritmi maggiori di quelli degli ultimi quarant’anni, sembrano essersi manifestate in molti settori carenze sistematiche di lavoratori disposti a occupare mansioni tra le più svariate. È possibile affermare dal punto di vista opposto che negli Stati Uniti c’è un eccesso di occupazione, con molti inoccupati che hanno smesso di cercare lavoro e molti altri che potendoselo permettere hanno deciso di andare in pensione anticipata. Nel tentativo di risolvere il problema della mancanza di dipendenti disposti a lavorare nei propri parchi a tema, Disney sta offrendo degli incentivi di mille dollari a chiunque, una volta accettato il lavoro, decida di rimanere per almeno cinque mesi. L’annuncio si riferisce a quei lavoratori con una scarsa qualifica come inservienti, personale per le pulizie e addetti al confezionamento degli alimenti.
Solo nove mesi fa la Disney aveva licenziato 28.000 dipendenti arrivati durante il corso dell’anno a 32.000. La difficoltà di avere tra le proprie fila il personale necessario, sta impattando sulla capacità della società di intrattenimento, di portare avanti con i consueti ritmi produttivi la sua offerta, che in modo molto simile a quello che sta avvenendo nel settore alberghiero, rischia di dover ridurre le disponibilità per il pubblico, alzare i prezzi, oppure offrire incentivi ai lavoratori aumentando di conseguenza le spese per il personale. Tanto che in alcuni alberghi i dipendenti ricevono in questo periodo incentivi sotto forma di costosi macchinari per il fitness, fino a set di coltelli per chi lavora nelle cucine.
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Secondo la Federal Reserve la situazione potrebbe durare ancora qualche mese, con i più pessimisti come Bank of America che prospettano di dover attendere per tornare a equilibri razionali oltre il 2022. Nel frattempo il mercato immobiliare sta risentendo della spinta dei consumi con i prezzi delle case aumentate nell’ultimo anno oltre il 30%. Il mercato ha bisogno di almeno 6,8 milioni di nuove case per riequilibrare la domanda, con un effetto che verrà scontato nei prossimi dieci anni e che potrebbe causare un aumento positivo dell’attività del settore edile. Accade in particolare in Texas, a causa delle differenze sull’imposizione fiscale rispetto agli stati limitrofi e in generale per la rivalutazione degli immobili divenuti per molte persone oggi la sede del proprio lavoro. Dal punto di vista degli investitori, gli immobili sono percepiti come un investimento che può dare ottimi ritorni economici sul lungo termine, accompagnati da una protezione del rischio e una performance che sta spostando su questo mercato la liquidità dalle obbligazioni quasi tutte con tassi di interesse negativi.
Il 2 luglio verrà rilasciato il prossimo report sull’occupazione USA, capiremo allora come la tendenza del mercato del lavoro potrà continuare a incidere sulle variabili economiche degli Stati Uniti e indirettamente in primo luogo sulle nazioni occidentali. Se ci sarà un’accelerazione nel recupero della stabilità occupazionale, questo potrà agire da catalizzatore affinché la Federal Reserve possa riallineare le sue politiche espansive, con gli aggiustamenti necessari alle nuove condizioni rilevate.
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Tuttavia, secondo quanto rivelato da Jerome Powell nel dibattito ospitato ad aprile dal Fondo Monetario Internazionale, almeno il 71% della forza lavoro negli Stati Uniti ha modificato le sue abitudini lavorative, preferendo lavorare in remoto almeno per una parte del tempo relativo alla propria mansione. In grandi multinazionali come Facebook, si crede infatti che il futuro per il paese sia quello del lavoro ibrido svolto in parte con la presenza fisica, ma in gran parte delocalizzato attraverso la connessione in remoto. Secondo Zuckerberg l’esperienza del lavoro in remoto potrebbe rendere i dipendenti più produttivi e felici e in generale portare un radicale mutamento nel modo di concepire gli spostamenti e le infrastrutture delle grandi aziende. Sarà interessante a questo proposito osservare se questi mutamenti causeranno delle pressioni sui livelli salariali, influendo in questo modo sull’inflazione a partire dai prezzi alla produzione che sembra avere ulteriore margine per aumentare il dei beni.
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