L’indagine annuale curata da Mediobanca sulle società industriali e terziarie italiane; una luce su quale sia la reale velocità della crisi e l’effetto dei sostegni economici.
L’indagine dell’istituto ha utilizzato i dati aggregati del decennio tra il 2012 e il 2021. Il campione ha esaminato 2.145 società italiane nel settore manifatturiero, trasporti e distribuzione al dettaglio.
Ciò che emerge dall’indagine è un quadro notevole sugli effetti dell’ultima crisi ma anche del virtuosismo delle società italiane.
All’eccezionalità della crisi pandemica del 2020 con un crollo del fatturato del 12,3% ha fatto seguito nel 2021 una crescita del +25,6%. È l’effetto aggregato dovuto anche all’efficacia delle politiche monetarie e fiscali che hanno sostenuto l’industria nazionale.
Nel 2021 il fatturato delle migliaia di società analizzate era maggiore del 10,1% rispetto allo stesso dato del 2019. A segnare i maggiori incrementi le aziende pubbliche con sbocco nel settore energetico nonché quelle petrolifere che hanno guadagnato rispettivamente il 32,4 e il 15,2%.
Per quanto riguarda il lavoro e l’occupazione le 2145 imprese, dopo aver ridotto la forza lavoro nel 2020 di oltre 9.800 unità, sono tornate nel 2021 a espandere l’organico di oltre 12.200 addetti una crescita dello 0,9%. Il dato è notevole considerando che dal 2012 a oggi il numero di dipendenti ha segnato un incremento dell’1,8%.
Il fermo produttivo e le limitazioni alla mobilità hanno sortito un impatto asimmetrico sui settori produttivi che non è stato livellato neanche nella successiva ripartenza. Nel settore manifatturiero i migliori risultati sono stati messe a segno dalla metallurgia, segnando il +35,9% sul 2019. Al secondo e terzo posto elettrodomestici e apparecchi radio-TV e legno e mobili risultando in crescita rispettivamente del 32,2% e 19,8%.
Gli incentivi fiscali e l’avvio del Pnrr che hanno sostenuto i consumi e compensato soprattutto edilizia, elettronica di consumo, alimentari e arredo, non hanno però compensato le perdite settori quali ad esempio: tessile e abbigliamento che arretrano rispettivamente 8,7% e il 7,7%. Restano ancora indietro a fine 2021, insieme al comparto dei media: editoria -8,3%, emittenza radiotelevisiva -6,5% e telecomunicazioni -3,1%.
Uno dei dati più importanti rispetto agli effetti positivi delle manovre economiche è quello delle esportazioni. Nonostante queste siano diminuite la spinta della domanda interna ha concorso al fatturato delle aziende realizzando una differenza negativa di appena 1,1 punti percentuali tra 2019 e 2021.
Tra le società più virtuose in termini di esportazioni ci sono ancora una volta gli elettrodomestici (+32,9%), il metallurgico (+30,1%), il legno e mobili (+21,4%) e la chimica (+14%). Oltre queste naturalmente alle società che offrono specialità enogastronomiche con in testa il dolciario +8,2%.
Le imprese più avvedute hanno colto in anticipo la prospettiva di un ritiro degli stimoli monetari realizzando un incremento nel triennio del 36,5% tra il 2019 e il 2021 delle disponibilità liquide.
Circa le previsioni per il 2022, è possibile che il ruolo della domanda interna resti rilevante anche nel prossimo futuro. Se questa sarà sostenuta i venti contrari dell’inflazione dovrebbero rimanere marginali e alla crescita dei tassi di interesse, dovrebbero agire in senso favorevole le misure del PNRR e quelle di agevolazione fiscale, con effetti moltiplicativi sul resto dell’economia. Dal quadro sopra evidenziato, il settore manifatturiero potrebbe chiudere il 2022 con una crescita del fatturato pari al 7,5% trainando così un’economia come quella italiana con una forte vocazione nel settore.
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