Mediare in perdita o mediare a ribasso consiste nell’aprire nuove operazioni su uno strumento finanziario, quando il prezzo dello stesso diminuisce rispetto al momento del primo ingresso a mercato. Una strategia che, generalmente, si rivela come uno dei più comuni errori del trading.
Lo scopo finale è quello di determinare un abbassamento del prezzo medio di acquisto, rispetto a quello della prima operazione effettuata. Il risultato è tuttavia estremamente deleterio, perché è in grado di incrementare le posizioni aperte che vanno in perdita.
Il fenomeno è stato identificato e descritto per la prima volta nel 1976 in un articolo sulla rivista Nature, dall’etologo britannico Richard Dawkins. Con riferimento alle decisioni economiche che coinvolsero lo sviluppo e il declino del Concorde, l’areo di linea supersonico anglofrancese, il cui costo di progettazione fu così alto che i due governi vollero continuare a sostenerlo nonostante evidenti difetti che ne causarono il disimpiego nel 2003. È possibile accorgersi di questo comportamento perché tendiamo a manifestarlo anche in momenti della nostra vita che non sono in relazione con il trading, ma che tuttavia possono influenzarlo.
Hai continuato a seguire un progetto molto tempo dopo che si è rivelato irrealizzabile? Hai perseverato in una relazione anche dopo che si è rivelata controproducente? Hai acquistato il biglietto di un evento a cui è improbabile che tu possa partecipare, soltanto perché hai detto a tutti che saresti andato? Questi sono tutti esempi di come il principio dal quale scaturisce l’errore di mediare in perdita, sia insito nel modo in cui affrontiamo le perdite anche al di là del trading. Che siano investimenti in cui abbiamo speso il nostro tempo, il nostro denaro o impegnato i nostri sentimenti, questa reazione avviene ogniqualvolta cerchiamo di recuperare qualcosa solo perché abbiamo impegnato delle risorse iniziali che ci ostiniamo a non volere perdere.
L’effetto psicologico influisce anche sulla sfera politica, con campagne militari che vengono prolungate nonostante l’evidenza nell’incapacità di risolvere a proprio favore il conflitto, soltanto perché si sono già impegnate e perse importanti risorse sia in termini economici che umani. In tutti questi casi e soprattutto nel trading è importante ricordare come l’effetto dei costi sommersi, è in grado di influire sulle decisioni future. È importante ricordare come nel trading ogni operazione aperta sia una nuova operazione e non debba essere fatta in relazione ai guadagni o alle perdite precedenti, ma tenendo in considerazione il money managment e le prorie regole di ingresso a mercato.
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Quando ci si accorge che una perdita ha il potenziale di influire sulla giornata di trading o la nostra attuale operazione è possibile tentare di razionalizzare, per osservare oggettivamente l’influenza che le caratteristiche del nostro impegno stanno avendo sull’operazione presente. Le variabili di influenza possono essere riassunte in tempo, denaro, emozione e convinzione. Assegnando un punteggio a ciascuna di esse, essendo sinceri con noi stessi, possiamo accorgerci di come in una o più di queste variabili abbiamo impegnato risorse tali da voler cercare di compensare lo sforzo, alterando e distorcendo le possibilità e lo scenario presente.
Al fine di evitare pregiudizi decisionali, con conseguenti bias cognitivi, è necessario avere la capacità di riconoscere il fatto che si sta affrontando una situazione in cui c’è bisogno di discernere, tra la nostra capacità di seguire il nostro piano di trading e quella di forzare le regole per entrare a mercato al fine di recuperare la perdita pregressa. Seguire un piano di trading che ha apportato statisticamente vantaggi in termini di profitto, è il modo migliore per garantirsi sul lungo termine la continuità della nostra attività di trading. Tuttavia non necessariamente un trading plan è sinonimo di affidabilità o di successo, esso infatti può basarsi su premesse sbagliate e dimostrare la sua inaffidabilità soltanto dopo una lunga serie di trade andati in perdita.
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