Nel dibattito politico si è parlato sempre più spesso di multinazionali e lobbisti, come Soros o Bill Gates, in grado di influenzare pesantemente gli esiti politici della vita democratica, per mezzo dei loro finanziamenti pubblici o privati.
Le lobby che in Italia vengono chiamate più genericamente gruppi di pressione, esistono e fanno realmente ciò a cui comunemente viene associato un velo di mistero.
I lobbisti contrattano con i rappresentati delle istituzioni pubbliche, al fine di provare a garantire per se stessi la prosecuzione dei loro interessi privati, in modo da assicurare che le loro aziende non siano limitate da un quadro normativo ostile al loro giro d’affari.
Qual è l’origine delle lobby o gruppi di pressione?
L’immaginario collettivo rappresenta le lobby come soggetti che tramano in segreto contro il bene comune. L’origine storica fa riferimento ai portavoce e agli uomini d’affari, che a metà Ottocento incontravano gli esponenti politici in luoghi ufficiosi, da cui la parola lobby, che letteralmente può essere tradotta come loggia o portico, in modo da interloquire e tentare di portare vicino ai propri interessi chi deteneva il potere decisionale sul futuro della collettività.
Oggi, tuttavia, l’attività dei lobbisti è tutt’altro che segreta, richiede il rispetto di norme condivise e rimane limitata all’interno della competizione elettorale, con i singoli candidati che dovendo rapportarsi costantemente con l’opinione pubblica, difficilmente possono essere diretta espressione di un comparto economico finanziario.
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Cosa sono i lobbisti e i gruppi di pressione?
I gruppi di pressione sono espressione della tendenza umana a favorire e portare avanti i propri interessi, cercando di convincere chi è in grado di stabilire le norme sociali o legislative della bontà delle proprie convinzioni. Questo fenomeno si ritrova quindi in molti aspetti della nostra società, dai sindacati alle organizzazioni no profit, passando per le associazioni professionali, tutte realtà in grado di bloccare le leggi e modificare le decisioni politiche.
Un esempio lampante di una piccola organizzazione che è stata in grado di bloccare gli interessi collettivi a favore dei propri interessi economici, è ciò che avvenne in Italia, quando nel maggio 2015 i taxisti riuscirono con una sentenza a loro favore, a bloccare Uber, la società con sede negli Stati Uniti che fornisce tramite applicazione, un servizio di trasporto senza licenza utilizzando auto private.
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Quali sono le lobby più influenti sulle decisioni politiche?
Naturalmente esistono anche multinazionali o gruppi di interesse in specifici settori, come quello farmaceutico o petrolifero, in grado di esercitare su determinati livelli delle pressioni e delle distorsioni, che non possono essere eluse e vengono scontate nelle decisioni pubbliche. Trattandosi di realtà nate dalla spinta dei bisogni collettivi, è inevitabile dover prendere decisioni prendendo in considerazione il loro effetto sull’economia reale.
Cosa dire invece dei grandi miliardari in grado di concorrere con i politici durante le campagne elettorali? Il fenomeno è stato particolarmente lampante nelle ultime due presidenziali degli Stati Uniti. La vittoria di Donald Trump nel 2016 dimostra come è possibile vincere le elezioni nonostante i finanziamenti ricevuti da parte delle aziende private, che in quell’occasione diedero ampia fiducia a Hillary Clinton, con una raccolta di più di 1,2 miliardi di dollari.
Trump, sebbene estremamente ricco, è stato in seguito battuto per volontà popolare da Joe Biden, per merito della sua storia politica. Senza dimenticare che concorreva anche alla presidenza anche Michael Bloomberg, uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti, con un patrimonio stimato di 61 miliardi di dollari, che spese la cifra record di un miliardo di dollari in tre mesi, nel tentativo di vincere le elezioni.
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In definitiva sembra che nonostante il denaro possa riuscire in prima battuta a incrementare la propria visibilità e organizzare più facilmente la campagna elettorale, non sia la discriminante per poter governare, nemmeno in un paese come gli Stati Uniti in cui le lobby non fanno segreti della sponsorizzazione di un candidato politico.
I gruppi di pressione e i candidati politici, compresi quelli estremamente facoltosi, devono fare i conti con una pluralità di interessi individuali e collettivi, che nella nostra società individualista e multiculturale sono determinate dal dibattito politico e dalla direzione in cui il governo è grado di portare il paese.
In che modo è possibile ridurre le influenze delle lobby sulla politica?
Nonostante sia impossibile negare che i grandi finanziatori perseguano fini economici individualisti, superando in alcuni casi l’influenza che i cittadini riescono ad avere sulla politica, è innegabile che uno stato che interviene eccessivamente nella vita economica, al contrario di quanto si pensi, non possa garantire il benessere in modo equo.
Lo statalismo è al contrario fonte di distorsioni e ingiustizie rispetto al funzionamento del mercato e dell’economia di un paese, che diventa così vittima di sprechi e corruzione, sulla leva dei regolamenti e della burocrazia, posta in origine per salvaguardare il benessere di tutti i cittadini. In questo senso un modo per ridurre le influenze delle lobby sulla politica è quello di ridurre l’intervento pubblico in ambito economico, diminuendo di conseguneza la quantità di denaro che confluisce nel mondo della politica.
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Le lobby più importanti oggi più in Europa sono Google, Facebook, Microsoft e Bayer, che dichiarano di spendere dai quattro ai sei milioni di euro all’anno in attività presso i legislatori europei a Bruxelles. Oltre alle aziende private, di cui la metà sono disposte a spendere cifre molto più modeste, che si aggirano intorno ai dieci mila euro l’anno, gli incontri più frequenti sono rappresentati da quelli con le associazioni di categoria, seguite dalle ONG. Le quattro lobby italiane che hanno più volte portato i propri interessi economici in Europa sono Confindustria, Enel, Eni e Intesa san Paolo.