Terremoto in vista: migliaia di italiani rischiano il posto di lavoro

L’Italia può tornare a crescere, ma la narrazione delle parti coinvolte, da un lato i sindacati e dall’altro le associazioni imprenditoriali, delineano una situazione particolarmente complessa.

lente ingrandimento Italia

Per quest’anno e fino al 2022 l’Italia potrebbe tornare a crescere in modo significativo, l’ISTAT ha rivisto a rialzo le stime di crescita del PIL che passano dal +4,4% al +4,7%. Anche l’agenzia di raging Fitch, pur confermando la tripla BBB-, ha proiettato le sue stime di crescita nel 2021 sino al 4,8%.

Nonostante le ottime aspettative, confermate quindi anche in ambito internazionale,, nel nostro paese si discute della proposta di una eventuale proroga sul divieto dei licenziamenti, da applicare questa volta in modo selettivo per i settori più in crisi.

La credibilità internazionale dell’Italia gode in queste settimane una forte ascesa, dovuta alla sua progressiva uscita dalla crisi sanitaria e dalle conferme su più fronti di quella che sarà la sua ripresa economica. Gli investitori internazionali,compresi i nostri stessi imprenditori, sembrano essere molto fiduciosi, con una spinta economica che arriverà soprattutto dal settore dell’edilizia, grazie anche agli aiuti pianificati attraverso il Next Generation EU.

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Quali sono i fattori che limitano oggi la crescita italiana?

A determinare l’aumento del PIL sarà naturalmente il concorso e la convergenza di diversi fattori, che tuttavia potrebbero non avere quella sinergia tale da esprimersi con il massimo beneficio, rimanendo all’interno dei limiti della scarsa qualità del funzionamento della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e della nostra capacità produttiva. Secondo le stime della Commissione Europea, la crescita del nostro PIL sarà comunque inferiore rispetto a quella dei nostri più vicini partner europei, con Francia e Spagna che cresceranno rispettivamente del 5,6 e 5,8%

Alle ragioni strutturali bisogna sommare quella che sarà una relativa e temporanea crescita dell’inflazione, che potrà rallentare gli effetti della ripresa economica e del mercato del lavoro. In questo senso l’abbondante liquidità presente sui mercati globali tenderà a favorire l’avversione al rischio, prediligendo tutti quei titoli in grado di performare compensando con il minimo rischio la diminuzione del potere d’acquisto.

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Con il governo Draghi, l’Italia si rimette al centro della scena europea, il potenziale inespresso del paese potrebbe garantire la durata della tendenza positiva della sua crescita sul lungo periodo. Questo si vedrà in primo luogo se l’azione di governo sarà capace di decidere senza troppi compromessi politici, quale sarà il destino del mercato del lavoro. Con lo sblocco dei licenziamenti e la fine della cassa integrazione, si dovrebbero scontare almeno in parte quegli squilibri che si sono manifestati nel mutamento della domanda interna, che rimane a oggi in linea con la media europea.

Mercato del lavoro: le posizioni dei sindacati e di Confindustria

Se da un lato le organizzazioni imprenditoriali e Confindustria non vogliono alcuna proroga del blocco, ipotizzata dai sindacati fino al 31 ottobre 2021, il compromesso dello sblocco selettivo dei licenziamenti sembra una di quelle posizioni inefficaci, che per cercare di accontentare tutti rischia invece di non accontentare nessuno, lasciando che nel mercato del lavoro si perpetuino squilibri sistematici e inefficienze produttive, compensate da una rilevante spesa pubblica.

Secondo Unioncamere questo mese i nuovi contratti di lavoro supereranno quelli dello stesso periodo del 2019, con 560 mila nuove assunzioni. Il rischio paradossale è quello di creare delle inefficienze di mercato, sottostimando la richiesta di lavoratori, soprattutto in alcuni settori di cui già da tempo in Italia si avverte una carenza sistematica, ingegneri informatici e saldatori, geometri, tornitori. In difficoltà in questo senso anche il settore del turismo e della ristorazione, con una carenza del 35% per figure come cuochi e capisala, che tuttavia con la stagione turistica bloccata per un anno, dovrebbe risentire molto meno quest’anno delle carenze.

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Le ragioni sono diverse a cominciare dall’orientamento scolastico che difficilmente può riuscire a formare competenze in linea con l’effettiva disponibilità del mercato del lavoro, a causa dei percorsi scolastici troppo lunghi rispetto ai cambiamenti nell’economia. Il secondo motivo è quello demografico, che si accompagna alla rigidità della mobilità sociale nel sistema economico italiano.

Tuttavia in questo momento il dibattito politico è concentrato sulla data del 30 giugno, le parti a tutela dei lavoratori vorrebbero mantenere il blocco dei licenziamenti per i settori più colpiti, moda, tessile e calzaturiero. Così mentre almeno 800mila persone, secondo gli ultimi dati ISTAT, sembra non riescano a trovare lavoro, allo stesso tempo le imprese sembrano non riuscire a trovare i lavoratori, con 230 mila posti vacanti nelle aziende.

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