Una garanzia per tutti. Si tratta del preavviso di licenziamento. Se ne può servire il datore di lavoro nel caso avesse intenzione di licenziare uno dei suoi lavoratori.
Ma alla stesso tempo la fornitura di tale avviso si presenta come un obbligo al quale deve attenersi. Andiamo insieme ad analizzare nel dettaglio di cosa stiamo parlando.
Le obbligazioni circa il preavviso in questione, a scanso di equivoci, sebbene il nome possa far immaginare altro, riguardano entrambi le parti in causa, stiamo parlando di datore di lavoro e dipendente. Una cosa accomuna entrambe le figure in questa fattispecie: il fatto che i termini sono gli stessi per entrambi.
Vediamo come funziona e cosa sono tenuti a fare il dipendente e il datore di lavoro in casi di licenziamento.
Le ragioni di un licenziamento sono diverse. I presupposti o le occasioni per le quali un datore di lavoro può imbattersi in un potenziale licenziamento non mancano. Innanzitutto vi è quello di natura spontanea. Tra i licenziamenti per antonomasia vi è quello di natura disciplinare. Circostanza che si compie quando il dipendente attua comportamenti non corretti. Nella fattispecie si licenzia per:
Il preavviso nelle questioni di licenziamento deve essere previsto come da legge, ex lege, viceversa il datore di lavoro dovrà saldare una sanzione. Le tempistiche si aggirano intorno ai sessanta giorni.
L’obbligo viene dunque a decadere nei casi si dovesse licenziare per giusta causa, e cioè nelle circostanze di una inosservanza non trascurabile. Il preavviso non sussiste neanche nel corso di un ipotizzabile periodo di prova.
Il preavviso ancora non è certamente vincolante nei casi in cui il contratto volga al suo sottoscritto termine. Infine nella circostanza in cui sia il dipendente a voler mettere la parola fine al rapporto di lavoro. Non è tenuto ad alcuna notificazione.
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