Ti sei mai chiesto se una serie di assenze può davvero costarti il lavoro, anche quando sembrano giustificate? C’è una storia che sta facendo discutere tanti lavoratori, soprattutto nel mondo della scuola. Non si tratta solo di regole, ma di ciò che può succedere quando si abbassa la guardia.
Una sentenza recente ha rimesso in discussione quello che molti pensavano di sapere. E la cosa più sorprendente? Anche un piccolo dettaglio, come il tempo impiegato per segnalare un’assenza, può fare la differenza. Una vicenda che parla di disciplina, diritti, e scelte a volte troppo leggere. Cosa c’è dietro questa decisione tanto chiacchierata? E perché una professoressa si è ritrovata fuori dal suo istituto?
Durante i mesi di emergenza sanitaria, il mondo della scuola si è ritrovato immerso in una realtà mai vissuta prima. Lezioni da remoto, orari stravolti, studenti da gestire online e una continua incertezza sulle modalità di lavoro. In quel contesto, più di qualcuno ha pensato che alcune regole potessero essere sospese o quanto meno interpretate con maggiore elasticità.

Ma la recente sentenza n. 4077 del 2025 della Corte di Cassazione ha acceso un faro su un tema molto delicato: l’assenza ingiustificata, anche se avvenuta in un periodo così particolare, può portare a conseguenze serie. Il caso esaminato riguarda una docente licenziata per non aver svolto alcuna attività didattica per oltre due mesi, non aver partecipato agli scrutini né agli esami di Stato, e neppure a una riunione del collegio docenti.
Quando il ritardo non salva
C’è chi crede che se la scuola o l’amministrazione segnalano i fatti troppo tardi, allora il procedimento disciplinare non abbia più valore. Ma la Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha chiarito che non è proprio così. Anche se la dirigente scolastica ha impiegato tempo per avviare l’azione disciplinare, il licenziamento disciplinare è stato ritenuto legittimo.

Secondo i giudici, il ritardo nella contestazione degli addebiti, in base all’articolo 55-bis del Decreto Legislativo 165 del 2001, non comporta automaticamente la nullità della sanzione. Il nodo centrale è un altro: occorre dimostrare che quel ritardo abbia effettivamente compromesso il diritto alla difesa del dipendente. In questo caso, invece, il dipendente ha avuto modo di esprimere la propria posizione e rispondere alle accuse, quindi il procedimento è rimasto valido. Le assenze ingiustificate, se prolungate e non spiegate in modo adeguato, restano una violazione grave degli obblighi di servizio.
Questo passaggio ha un peso enorme per tutto il personale della pubblica amministrazione. Il messaggio è chiaro: anche in situazioni di emergenza, non si possono ignorare i doveri professionali. La flessibilità richiesta in momenti difficili non può trasformarsi in disinteresse o abbandono del proprio ruolo. Il comportamento tenuto nei mesi critici del 2020 è stato valutato non solo per ciò che è mancato, ma anche per come è stato gestito il silenzio e l’assenza di comunicazione con l’istituto.
Il peso delle scelte nei momenti difficili
La sentenza riporta l’attenzione su un tema che va oltre il diritto disciplinare. Durante l’emergenza sanitaria, tanti lavoratori hanno dovuto riorganizzare la propria vita e adattarsi in tempi rapidissimi. Eppure, anche in un contesto così complicato, la responsabilità personale ha continuato a contare. La Cassazione, con questa decisione, ha ribadito che il rispetto dei doveri professionali non va in vacanza nemmeno nei momenti di crisi.
La vicenda non parla solo di regole o codici: parla di come si affrontano le situazioni difficili. Le assenze reiterate, senza giustificazione, sono state viste come un vero e proprio abbandono del posto di lavoro. E la mancata partecipazione agli scrutini o agli esami è stata considerata una violazione grave, soprattutto se non accompagnata da spiegazioni valide. Non è stato sufficiente dimostrare stress o confusione, perché ciò che ha pesato davvero è stata la totale mancanza di coinvolgimento e comunicazione.
Da questa storia emerge una riflessione importante: quanto siamo consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni, anche quando il mondo sembra essere in pausa? La sentenza n. 4077 non è solo un precedente giuridico, ma anche un segnale per chi lavora in ambienti pubblici. Agire con superficialità, anche se temporanea, può avere effetti duraturi.