Un libretto di risparmio postale cointestato può essere “svuotato” da un soggetto prima della morte dell’altro intestatario. Come possono difendersi gli altri eredi?
Tra le forme di risparmio postale più utilizzate, oltre al conto corrente, c’è il libretto emesso da Poste Italiane. Si tratta di un prodotto sicuro, che può essere intestato a più di una persona e con bassi costi di gestione. Possono però sorgere problemi quando il libretto è cointestato e una delle due parti preleva il denaro depositato, magari poco prima della morte dell’altro cointestatario.
In questo caso gli eredi del deceduto possono trovare il conto in rosso, perché già ripulito in anticipo. Si tratta di un comportamento legale o i famigliari possono agire in qualche modo per dividere equamente il denaro sparito? Vediamo cosa fare in un caso del genere, in cui il libretto viene svuotato prima del decesso.
Il libretto postale è un prodotto di risparmio sicuro in cui mettere il denaro senza correre rischi di perdita, garantito dallo Stato. Gli interessi maturati sulla somma depositata sono in realtà bassi ma il capitale non viene mai eroso. All’interno del libretto vengono registrati tutti i movimenti effettuati, quindi si aggiorna ad ogni operazione, che sia un prelievo o un versamento di capitale.
E’ uno strumento nominativo, per cui è intestato soltanto al titolare o a più titolari e soltanto loro possono recarsi allo sportello ed effettuare le operazioni consentite. Questo accade dal 2019: prima esistevano anche i libretti al portatore per cui era sufficiente avere il libretto con sé per poter prelevare il contante richiesto.
Il libretto postale può essere cointestato esattamente come il conto corrente, quindi utilizzabile da più persone. Può essere di due tipologie:
In presenza di un libretto postale cointestato il denaro è da considerarsi di tutti i cointestati, in parti uguali. Facciamo l’esempio in cui sul libretto ci sono 300 mila euro e due sono le persone titolari del libretto: 150 mila euro appartengono ad un soggetto e l’altra metà all’altro. Nel caso i cointestatari sono tre la somma viene equamente divisa e ad ognuno di loro spettano 100 mila euro.
Ogni soggetto cointestatario può operare liberamente sul libretto, prelevandone il denaro, se esso è a firme disgiunte. Pertanto una persona può anche prelevare l’intera somma presente, il tutto in maniera completamente legale, senza che le Poste facciano alcuna obiezione. Per quanto detto prima, ovvero che in teoria le quote tra i contitolari sono divise a metà, colui che trova il libretto vuoto può rivalersi sul cointestatario che ha effettuato il prelievo, chiedendo la sua parte. Non può però rivalersi sull’ente postale, in quanto tutto è avvenuto nel modo corretto.
Una persona che svuota il libretto poco prima del decesso dell’altro intestatario agisce in maniera scaltra, evitando che il tutto finisca di lì a poco in successione. Si tratta ovviamente di un comportamento non propriamente corretto ma del tutto legale. Tuttavia gli eredi che si vedono privati di una parte della loro eredità possono agire in un determinato modo per non perdere la loro quota. Se gli eredi dimostrano che i soldi depositati sul libretto erano del deceduto e che la contitolarità del libretto era fittizia, possono ottenere dall’altro cointestatario il denaro che lo stesso aveva prelevato prima della morte.
Nel caso invece non riescano a dimostrare che il denaro apparteneva al deceduto riusciranno comunque ad ottenere la metà di quanto era depositato sul libretto. Essi infatti in quanto contitolari hanno diritto a ricevere il 50% dell’importo presente sul conto. Infine gli eredi non avranno diritto a nulla se il cointestatario che ha ritirato i soldi riesce a dimostrare che le somme depositate sul libretto appartenevano soltanto a lui.
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