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Economia e Finanza

Legge 104, possibilità di lavorare vicino al familiare che si assiste: perché non è sempre possibile?

Il lavoratore che assiste un familiare con legge 104 art. 3 comma 3, ha diritto a scegliere la sede più vicino al domicilio del familiare. Ma è davvero così?

Legge 104: possibilità di lavorare vicino al familiare che si assiste

Secondo la giurisprudenza, il lavoratore che assiste una persona con handicap grave, ha diritto al trasferimento, se è disponibile un altro posto di lavoro nella sede più vicina al domicilio del familiare da assistere. Inoltre, bisogna considerare anche le cause ostative che impediscono il trasferimento. Analizziamo di cosa si tratta rispondendo ad un quesito di un nostro Lettore.

Legge 104: possibilità di lavorare vicino al familiare che si assiste, perché non è sempre possibile?

Un Lettore chiede agli Esperti di Trading.it chiarimenti sul trasferimento del posto di lavoro in una sede più vicino al familiare che assiste. Dichiara che ha già fatto domanda all’azienda, ma l’esito è stato negativo con la motivazione di incompatibilità con la postazione e l’orario di lavoro. Chiede se è giusto il rifiuto e se può intervenire in qualche modo. Verifichiamo la normativa che regola il trasferimento in base alla legge 104 per assistere un familiare disabile.

LEGGI ANCHE>>>ISEE e legge 104, come abbassarlo per le persone disabili: attenzione alla spunta

Due aspetti da considerare

La normativa vigente precisa che il lavoratore “caregiver“, cioè colui che assiste un familiare con disabilità grave, ha diritto di scegliere la sede più vicina al familiare con legge 104 art. 3 comma 3. Però, specifica “ove possibile”.

Per il trasferimento bisogna considerare due aspetti: il primo riguarda quello della solidarietà familiare con assistenza domestica. Dall’altra bisogna anche considerare l’andamento e organizzazione aziendale. Il trasferimento può essere negato solo nel caso si presentano esigenze organizzative, tecniche e produttive.

Infatti, le cause ostative, determinano la risposta negativa al trasferimento, ma il datore di lavoro ha l’obbligo di motivare il diniego in modo esaustivo e chiaro. Il datore di lavoro è tenuto a chiarire quali sono le “esigenze organizzative” sia nella sede di lavoro cedente sia in quella di trasferimento.  Nel caso la risposta del datore di lavoro non è chiara e non presenta motivazione coerente, il lavoratore è legittimato a fare ricorso.

Angelina Tortora

Giornalista iscritta all'Ordine dei Giornalisti Campania, mi occupo di tematiche fiscali e previdenziali. Da sempre vicino al lettore, rispondo ai loro quesiti sulle varie problematiche.

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