Legge 104 e invalidità, l’assegno non sempre si trasforma in automatico in pensione di vecchiaia, ecco alcune cose da sapere.
Tanti i dubbi sulla pensione di invalidità e inabilità lavorativa, in merito arrivano molti quesiti dei Lettori. A campione abbiamo scelto un quesito che ci permette di chiarire gli aspetti del passaggio dalla pensione di invalidità o pensione di inabilità in pensione di vecchiaia in base alla normativa vigente. In effetti, un Lettore chiede agli Esperti di Trading.it se il suo assegno si trasforma in automatico in pensione di vecchiaia. Il Lettore percepisce una pensione di inabilità e chiede cosa succederà dopo i 64 anni di età.
La pensione di inabilità, a differenza all’assegno ordinario di invalidità, non si trasforma in automatico in pensione di vecchiaia. Per accedere alla pensione di vecchiaia è indispensabile che il pensionato maturi i requisiti richiesti per accedere alla pensione di vecchiaia. Nello specifico sono 67 anni di età e un minimo di 20 anni di contributi. Inoltre, il pensionato deve presentare apposita domanda di pensionamento all’Ente previdenziale.
In merito, si precisa che la Sentenza della Corte di Cassazione n. 9492 dell’anno 2004, ha stabilito che è possibile, sia per l’assegno ordinario di invalidità sia per la pensione di inabilità, la trasformazione in pensione di vecchiaia. Ma ciò è possibile quando non è consentito accedere alla pensione anticipata. Inoltre, in caso di trasformazione in pensione di vecchiaia, nel requisito contributivo non sono considerati i contributi figurativi per tutto il periodo di godimento della pensione di inabilità. A differenza di quanto previsto con l’assegno ordinario di invalidità. Pensione di inabilità per tutti i lavoratori: pochi sanno che questa operazione aumenta l’assegno
A regolare tale principio è la legge numero 222/1984 all’articolo 4 comma 4. La legge prevede che, nel caso la pensione di inabilità, cessi per il recupero da parte del lavoratore alla capacità lavorativa, i periodi di fruizione della pensione di inabilità sono considerati come contribuzione figurativa.
Il trattamento pensionistico è calcolato secondo l’anzianità contributiva maturata nel tempo. Poi, il montante contributivo è aumentato da un ulteriore periodo che è riferito al fattore temporale tra l’età in cui si effettua la cessazione e il perfezionamento dell’età pensionabile.
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Tuttavia, l’importo del trattamento pensionistico non può superare l’80 per cento della base complessiva pensionabile. Inoltre, l’anzianità contributiva computabile non può superare i 40 anni, previsti dalla normativa.
A chiarire quest’aspetto il messaggio INPS n. 219 del 4 gennaio 2013 che, al punto 4, precisa come si calcola la maggiorazione, specifica che bisogna aggiungere al montante dei contributi individuati, posseduti al momento di accesso alla pensione, un’ulteriore quota di contribuzione che deve essere riferita al periodo compreso tra la data di decorrenza della pensione e la data del compimento dell’età pensionabile, nello specifico, sessant’anni. Inoltre, tale data sarà computata alla media delle basi annue possedute negli ultimi cinque anni di contribuzione rivalutata.
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