Occorre fare chiarezza su legge 104 e sede di lavoro, infatti il diritto a lavorare vicino casa non è assoluto ed illimitato.
La legge 104 è la normativa che tutela i diritti delle persone disabili e dei familiari che se ne prendono cura. Questo insieme di regole raccoglie una serie di agevolazioni, tra cui la possibilità di chiedere, ove ve ne fosse la possibilità, di lavorare vicino casa. Purtroppo, non si tratta di un diritto assoluto e illimitato, né per il disabile né per il familiare caregiver.
Tra le agevolazioni e i benefici concessi dalla legge 104 c’è anche il diritto, per i lavoratori dipendenti, di chiedere di operare nella sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a quello del familiare assistito. Quest’opportunità è riconosciuta sia ai lavoratori dipendenti del settore pubblico che a quelli che operano nel settore privato.
Nonostante, la legge riconosca il diritto di scegliere la sede più vicina alla casa, questo non è assoluto ed illimitato.
A tale proposito, infatti, è intervenuta che la Corte di Cassazione con un commento al quinto comma dell’articolo 33 della suddetta legge. In tal occasione, la Cassazione ha specificato, infatti, che il diritto può essere esercitato solo ove possibile.
In sostanza, il diritto deve essere compatibile con le possibilità e gli interessi dell’azienda.
Legge 104 e sede di lavoro: facciamo chiarezza
La legge 104, introdotta nel 1992, ha avuto fin dall’inizio lo scopo di offrire una serie di agevolazioni e benefici indirizzati ai portatori di disabilità gravi e ai loro familiari, che se ne prendono cura economicamente ed emotivamente.
Grazie a questa normativa, la suddetta categoria di soggetti può beneficiare di una serie di agevolazioni anche in ambito lavorativo.
Ci stiamo riferendo ai famosi permessi e congedi retribuiti. Tuttavia, il lavoratore che assiste un familiare con handicap grave ha la possibilità di chiedere di essere spostato nella sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.
In questo modo, la normativa intende dare un grosso aiuto a tale categoria di lavoratori, permettendogli di ridurre al minimo il tempo impiegato per recarsi sul luogo di lavoro.
Sebbene questi siano le disposizioni della legge, a fare chiarezza è intervenuta la Corte di Cassazione che ha stabilito che il datore di lavoro ha la possibilità di non accettare la richiesta del lavoratore ad essere spostato nella sede più vicina al proprio domicilio.
In questo caso, è necessario che il datore di lavoro giustifichi il suo rifiuto, evidenziando le motivazioni produttive ed operative per le quali non è possibile riconoscere il suddetto diritto.
Scegliere il luogo di lavoro: il diritto di chi ha la 104
Nell’articolo 33, comma 3, della legge 104 del 1992 stabilisce che i lavoratori dipendenti che assistono un familiare con handicap grave hanno diritto a fruire a 3 giorni di permessi retribuiti al mese coperti da contribuzione figurativa.
Inoltre, il dipendente ha la possibilità di beneficiare nel corso della sua intera vita lavorativa di 2 anni di congedi retribuiti. Essere goduti in maniera continuativa o frazionata.
La legge 104 dà anche il diritto di scegliere, laddove è possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere. Lo scopo della normativa è quello di agevolare il parente che si prende cura del familiare disabile.
Tuttavia, la legge stabilisce che il diritto di scelta del lavoratore non deve in alcun modo ledere le esigenze economiche e organizzative e produttive del datore di lavoro e della sua azienda. Questo vale sia per il lavoratore un dipendente del settore privato che nel settore pubblico.
Per i lavoratori del settore pubblico, il fatto che vi sia un posto libero in una sede più vicina al domicilio del portatore di handicap, è una condizione sufficiente a rendere assoluto e limitato il diritto di scelta della sede da parte del lavoratore.
Fermo restando che la Pubblica Amministrazione ha la possibilità di decidere di concedere questo diritto permettendo il trasferimento o di privilegiare soluzioni differenti. In tal caso, è comunque necessario e sussistano i principi di imparzialità e di buon andamento.