Ci si domanda ultimamente se le sanzioni occidentali sulla Russia siano o meno efficaci. Secondo uno studio dell’istituto Kyiv School of Economics i dati non lasciano dubbi.
Le sanzioni occidentali sulla Russia sono efficaci e hanno fatto perdere a Mosca 20 miliardi di dollari in tre mesi solo sul petrolio.
Secondo lo studio e le fonti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, l’Agenzia Internazionale per l’Energia e Banca Centrale Russa l’economia russa ha subito ingenti danni. Nonostante gli elevati prezzi del petrolio e del gas, l’economia russa può deteriorarsi nei prossimi mesi entrando in recessione il prossimo anno.
Il secondo trimestre 2022 è stato forse il più incisivo dal punto di vista degli effetti delle sanzioni. Il Pil russo è stimato in calo del 4,9% e può volerci un decennio per riportarlo ai livelli prebellici. Al momento la Russai di Putin subisce secondo le stime della ricerca una riduzione del 40% dei ricavi russi da petrolio e gas.
La Banca centrale russa ha riferito che a causa delle sanzioni il prezzo medio di vendita del petrolio russo è stato leggermente inferiore agli 80 dollari al barile. Questo dato si riferisce a quando in prezzo di mercato a livello internazionale era di 113 dollari. La perdita stimata in questo caso sui prodotti petroliferi è di 20 miliardi di dollari solo nel secondo trimestre.
Tra i cittadini sembra evidente l’incertezza che ha portato a sottrarre liquidità alla banche; il calo dei depositi nel secondo semestre è stato significativo e pari a -10%. Nel primo semestre del 2022, lo stock di depositi di privati nel sistema bancario russo è diminuito di 21,6 miliardi di dollari, pari al 3,8% del totale. I russi si erano già impoveriti nel 2015, dopo l’annessione della Crimea e le prime sanzioni occidentali. Una simile dinamica si ripete in questi mesi con il crollo degli stipendi e l’aumento della disoccupazione.
Ad aprile è stato ordinato alle banche russe di non divulgare i bilanci intermedi e annuali. Dal mese scorso vengono nascoste le informazioni relative al valore e alla struttura delle riserve monetarie internazionali. Gli effetti avvertiti sulla popolazione comprendono anche un crollo dei salari e una fuga di cervelli senza precedenti. Il Fondo monetario internazionale prevede che la disoccupazione nella Federazione Russa raggiungerà il 9,3% nel 2022. I settori più colpiti dagli effetti delle sanzioni internazionali sono: trasporti e logistica, automobilistico, commercio all’ingrosso, e-commerce, industria del legno e prodotti affini.
L’economia russa sembra vicina a un livello critico che si aggrava con l’estensione della durata della guerra. In particolare, l’Ue può allontanarsi sempre più dalla dipendenza energetica rendendo più severe le perdite sulle esportazioni. La Russia sperimenterà un calo di ricavi di petrolio e gas, all’interno di un contesto estremamente sensibile: l’embargo petrolifero europeo, diminuisce le entrate di oltre il 40% arrivando vicino al 60% entro la fine del 2023, scrivono gli analisti.
Secondo quanto emerge dal report, lo squilibrio richiederà un ampio uso delle riserve internazionali o un forte aggiustamento del tasso di cambio del rublo. Per questo la scelta sarà un ripiego delle controversie internazionali o il ritorno di una forte inflazione. La capacità di Putin di mantenere in piedi il governo può così logorarsi. La terza alternativa è quella di una maggiore aggressività del conflitto per concludere l’annessione dei territori il più velocemente possibile.
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