Lavoro, rischio stipendi al ribasso per un milione e mezzo di dipendenti con contratti minori: di cosa si tratta e cosa c’è da sapere al riguardo, i particolari
Cosa c’è da sapere circa il rischio inerenti gli stipendi al ribasso che riguarderebbe un milione e mezzo di dipendenti con contratti minori: alcuni particolari a seguire.
Il tema riguarda i lavoratori con contratti nazionali non riconducibili ai Ccnl più diffusi del settore, firmati da associazioni datoriali e da stile più rappresentava del Paese, stando alla Cgia, come riporta Sky Tg 24, proprio in tali realtà imprenditoriali minori si concentra il rischio di condizioni economiche al “ribasso” e gravi “lesioni” ai diritti dei lavoratori.
Ad essere a rischio dumping salariarle sarebbe un milione e mezzo di dipendenti, secondo quanto affermato da Cgia, il quale spiega che al netto dei dipendenti dell’agricoltura e del lavoro domestico, nel Paesi ad essere destinatari di 933 contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti alla fine dell’anno scorso, sono 12.991.632 occupati.
Di tale numero, all’incirca il 12 per cento, su per giù 1,5 milioni di dipendenti, non è “riconducibile” ai principali Ccnl più diffusi del settore, che, nel complesso, ammontano a cento ventotto contratti.
Verosimilmente, spiega Sky Tg 24, si parla di contratti sottoscritti dalle associazioni datoriali e dalle sigle sindacali più rappresentative in Italia. Per contro, i restanti 805 contratti sarebbero stati sottoscritti da realtà imprenditoriali e sindacali “minori“, con livelli di rappresentatività limitati e non sempre presenti su tutto il territorio nazionale.
Tema dunque che desta grande attenzione e suscita un grande interesse, quello inerente il tema in oggetto, come detto approfondito da Sky Tg 24. Proprio sul tema, lo stesso Cnel, viene ricordato dall’associazione, ha affermato che in tali contratti sopraindicati “è molto plausibile supporre che si annidino quelli a più elevato rischio di dumping”.
Ovvero sia, tali 805 contratti che riguardano circa 1,5 milioni di dipendenti, rappresentano essere una area “grigia” la quale, al confronto con i contratti firmati dai “leader”, si legge, spesso permettono a molte imprese di praticare condizioni economiche al “ribasso” e gravi “lesioni” ai diritti dei lavoratori.
Andando sulle percentuali, i settori contrattuali che maggiormente sono interessati dalla presenza di dipendenti a rischio dumping salariale, viene spiegato, sono i poligrafici e spettacolo, il trentadue per cento del totale del comparto; terziario – distribuzione – servizi, il diciassette percento del totale; le aziende di servizi e l’istruzione, sanità, assistenza e cultura, ambedue col quattordici per cento del totale del settore.
A tal riguardo, l’eventuale introduzione del salario minimo per legge, potrebbe rappresentare una soluzione al fine di rendere più corpose le buste paga, soprattutto circa quelle più basse, ma stando all’associazione artigiani questa non rappresenterebbe la sola strada. Ad essere maggiormente appunto sarebbe la riduzione del cuneo, soprattutto la componente fiscale in capo ai lavoratori dipendenti, viene sottolineato dalla Cgia.
E ancora, occorrerebbe il rinnovo dei contratti e dar luogo ad una decisa detassazione di tutte le indennità. come lavoro notturno, festivo e prefestivo, e dei premi definiti da accordi aziendali oppure interaziendali così da incidere in modo positivo sulla produttività senza alimentare l’inflazione.
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