Insidie, ostacoli e tranelli, quanto davvero si conosce sul lavoro in nero e l’assegno di Inclusione?
Occhio ai dettagli, perché qui non solo fanno la differenza in termini di cifre, ma anche di garanzie. L’assegno di inclusione è un istituto molto potente, mentre il lavoro in nero non va enunciato, quanto piuttosto attenzionato nei suoi aspetti più critici. Come tutelare gli interessi dei lavoratori, queste le indicazioni più importanti.
Con l’assegno di inclusione si fa riferimento ad una misura previdenziale che sostiene le persone che riversano in condizioni di “fragilità”, appunto difficili da affrontare. È un strumento economico che fa da scudo e include socialmente e professionalmente.
Non è uno strumento incompatibile con il lavoro, ammenoché questo non sia nelle condizioni di far uscire dall’indigenza l’individuo protagonista della misura. Ergo, lavora in una maniera tale, che non necessita di questo sostegno.
Quindi, ci sono dei parametri di reddito da soddisfare, ma la sua durata dovrebbe comunque essere, ideologicamente temporanea. La somma non è molto elevata però, e in molti casi sono diversi coloro i quali decidono di ottenere nuove fette di risparmio con metodi alternativi. Problema è che molti di questi non sono proprio legali, perché si tratta di lavoro in nero.
Chi si comporta così lo fa per non perdere i benefici della misura. E la domanda sorge spontanea: si può lavorare in nero e prendere l’assegno di inclusione?
A determinare i maggiori aggiornamenti è proprio la legge più temuta, la nuova Legge di Bilancio che nel 2025 ha posto in essere non poche evoluzioni. Adesso che si è svolta l’analisi sulle condizioni dei cittadini, quelle più critiche, bisogna capire se i due elementi possono andare di pari passo, o si rischiano conseguenze gravissime.
La Legge di Bilancio modifica i requisiti d’accesso dell’ADI. Non si possono superare 6500 euro l’anno, somma da moltiplicare su una scala di equivalenza in relazione al nucleo familiare. Per 67enni e più, o ci sono disabilità, il tetto massimo giunge a 8190 euro. Sono cifre ridotte, ma non incompatibili con il lavoro.
A conti fatti, si può percepire se all’anno non si guadagnano più di 3.000 euro lordi con un rapporto di lavoro continuativo. Fin qui lavorare in nero, non sembra un problema. Lo diventa dopo, quando non si vuol continuare a essere irregolari. L’art. 8 del DL n. 48 del 2023 riguarda le sanzioni.
Si punisce dai 2 ai 6 anni chi usa dichiarazioni con info false o fa omissioni. Inoltre, si sanziona la mancata comunicazione delle variazioni di reddito e patrimonio, con anche 1/3 anni di reclusione. Anche se si tratta di proventi irregolari! In ogni caso bisogna dichiarare i proventi ricevuti, anche se tali, se si vuol ottenere il beneficio.
Dichiarare le cose e il vero, il primo punto, ma è vero che ci potrebbero essere altre irregolarità per far cadere la misura. Quindi, si può affermare che non si può lavorare in nero e percepire l’ADI per tutte queste complicanze.
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