Il G20 mira a finalizzare gli accordi per realizzare una concertazione fiscale internazionale che per la prima volta imposterà un’aliquota per le multinazionali uguale in tutte le nazioni.
L’accordo mira ad aiutare i governi a finanziare le loro economie, in un momento di impennata della spesa pubblica legata alla crisi sanitaria, impedendo che le aziende possano trovare un territorio disposto a concedergli un vantaggio fiscale.
Il gruppo delle venti grandi nazioni industrializzate mira a definire l’accordo e le regole della tassazione minima globale entro la fine di Ottobre, quando le venti nazioni si ritroveranno nuovamente insieme al tavolo delle trattative.
L’aliquota minima è coinvolta nella contesa tra Democratici e Repubblicani
Nonostante gli Stati Uniti credono fermamente che l’aliquota minima sulle multinazionali possa rendere l’America più competitiva, mettendola in grado di tassare le grandi aziende del settore digitale come Google, Facebook, Microsoft e Amazon, il partito democratico USA vuole fare leva sulla politica interna giocando sull’accordo con il senato per l’approvazione di un disegno di legge dal valore di tre miliardi e mezzo di dollari, senza il quale anche quello sull’aliquota globale rischia di saltare e venire posticipato per molti anni.
I democratici hanno cominciato ad avanzare delle richieste per fare pressione affinché l’aliquota sia almeno del 21% e possa eventualmente essere differente rispetto a quello che decideranno gli altri paesi. Gli Stati Uniti e in particolare il partito Repubblicano, ha necessità di vedere assicurare gli introiti fiscali dovute alle spese per finanziare il disegno di legge, che verrà impiegato per l’assistenza dei minori, per l’educazione scolastica e per tenere sotto controllo il cambiamento climatico.
L’aliquota minima globale da impostare compresa tra il 15 e il 25% non metterebbe d’accordo già diversi paesi, tra i 130 all’interno di coloro che si dicono propensi ad attuare una simile politica. I legislatori degli Stati Uniti rimangono cauti prima di varare ogni iniziativa sul piano legale, attendendo gli sviluppi nelle legislazioni di chi si è detto favorevole.
L’accordo sembra poter diventare soltanto una bella dichiarazione di intenti, in quanto ogni paese teme di perdere i propri interessi economici laddove qualcuno dei partecipanti possa rompere la concertazione, attirando su di sé gli introiti delle aziende multinazionali pronte nel caso a delocalizzare verso il miglior offerente.
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Le cause storiche della tassazione minima globale
Gli Stati del mondo, con l’avvio della globalizzazione sono stati coinvolti in una corsa fiscale al ribasso a cui non hanno più intenzione di partecipare. Questa dinamica negli Stati Uniti ha determinato negli anni la delocalizzazione della produzione mettendo in crisi molte aree rurali, alimentato i nazionalismi e la sensazione della decadenza del Paese, che ha causato la vittoria di Trump e del partito Repubblicano.
Se i democratici non interverranno in questo momento storico per modificare l’imposta per le aziende nel territorio, in relazione agli obbiettivi per all’aliquota globale, potrebbero perdere l’opportunità di farlo, vista la possibilità che i repubblicani riprendano il controllo del congresso alle elezioni federali che si terranno a novembre del 2022. Le nazioni del mondo guardano agli Stati Uniti come l’elemento chiave per avviare il cambiamento nelle rispettive legislazioni.
La partecipazione degli Stati Uniti è indispensabile per contribuire a fermare l’elusione fiscale delle imposte sui redditi delle multinazionali e ridurre il potere dei paradisi fiscali. La stessa Yellen aveva anticipato la proposta che è stata poi discussa negli ultimi incontri delle grandi economie mondiali, facendosi portavoce del convincimento degli USA. Manca solamente l’accordo del potere politico nel Paese, con Biden che fino a ora è già riuscito a far accettare mutamenti nella pressione fiscale, aumentando le aliquote passate dal 21 al 28% nonchè raddoppiando il prelievo fiscale sulle plusvalenze per la parte ricca della popolazione.
Tra le proposte suggerite dai legislatori USA, c’è quella di stabilire in base al potenziale ritorno finanziario che l’aliquota globale sia pari a tre quarti di quella domestica. Questo significa che se ci dovrà essere un accordo a livello internazionale, questo sarà condizionato all’interno di un range compreso tra il 18,75 e il 21%.
La Yellen ha affermato che l’amministrazione non agirà almeno fino alla prossima primavera, prima di proporre una legislazione necessaria per rendere gli Stati Uniti conformi a quello che verrà deciso e che questo richiederà a ogni modo l’approvazione di due terzi del senato.