Andare in pensione a 62 anni è possibile, ma prima di procedere si consiglia di valutare bene alcuni dettagli.
Lasciare il mondo del lavoro in anticipo è il sogno di tantissime persone. L’idea di andare in pensione a 62 anni invece che a 67 attira sicuramente l’attenzione di molti. E sapere che si tratta di un’opzione concretizzabile – qualora si sia in possesso dei requisiti necessari – avrà fatto saltare di gioia la maggior parte dei lavoratori. Tuttavia, prima di prendere decisioni avventate, ci sono alcune cose da sapere.
Nel 2025 si potrà lasciare il mondo del lavoro all’età di 62 anni: un’ipotesi molto allettante in confronto alle disposizioni della pensione di vecchiaia, che richiede di aver compiuto i 67 anni di età. Per quanto riguarda invece il requisito contributivo, per la forma di pensionamento anticipato è necessario aver versato almeno 41 anni (anziché 20).
Non è una sorpresa che tali misure prevedano un numero maggiore di contributi. Eppure, prima di decidere di ritirarsi dal lavoro a soli 62 anni, bisognerebbe valutare per bene una serie di dettagli. Se, da un lato, un contribuente che ha dedicato tanti anni della sua vita al lavoro potrebbe trovare molto invitante l’idea di andare anticipatamente in pensione, dall’altro la normativa prevede delle restrizioni di cui dovremmo tenere conto.
Quota 103 è una tipologia di pensionamento flessibile che permette di uscire dal mondo del lavoro una volta compiuti i 62 anni e con 41 anni di contributi. Introdotta nel 2023 e confermata nel 2024, sarà possibile beneficiarne anche l’anno prossimo. Sebbene consenta di accedere in anticipo alla pensione, nasconde diversi svantaggi che meritano la nostra attenzione.
Innanzitutto, il requisito contributivo dei 41 anni prevede che almeno 35 siano stati effettivamente lavorati. Quota 103, infatti, riconosce un massimo di 6 anni di contributi figurativi. Inoltre, ha delle finestre di attesa molto lunghe – che possono arrivare a 7 mesi per i dipendenti privati e a 9 per quelli pubblici.
La pensione non può essere di 4 volte superiore il trattamento minino dell’INPS. Nel caso in cui il suo importo dovesse andare oltre i 2.394,44 euro, sarà possibile ottenerla fino al raggiungimento di tale cifra; solo una volta compiuti i 67 anni si potrà ricevere la prestazione per intero. Per il calcolo della pensione viene utilizzato il sistema contributivo, anche per quanto versato prima del 1996. Di conseguenza l’assegno potrebbe subire un calo anche notevole.
Alla luce di queste considerazioni, è chiaro che la misura non risulta molto conveniente. Soprattutto se pensiamo che, per una donna, accedere a Quota 103 vuol dire lasciare il mondo del lavoro solamente con 6 mesi di anticipo rispetto alla pensione anticipata (considerando le finestre di attesa). Mentre per gli uomini l’anticipo è di un anno e mezzo.
A ciò si aggiunge il fatto che la misura non permette di cumulare redditi da lavoro autonomo o dipendente: questo vuol dire che fino ai 67 anni di età i pensionati non potranno svolgere altre attività e dovranno limitarsi a percepire la prestazione in questione. Nel 2025, infine, il calcolo contributivo determinerà la perdita di almeno 12 anni versati nel sistema retributivo, portando a tagli anche molto alti sull’assegno pensionistico.
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