Ormai la recessione per chi è ai vertici è soltanto un’ipotesi, smentita per ora dalle stime di una crescita minore del previsto, ma ancora positiva. Tuttavia qualcosa già accade ad esempio in Lombardia.
Nonostante questo la certezza è che si profila in modo sempre più evidente è il momento in cui per fare i conti con l’aumento dei prezzi, vedremo applicate nuove politiche monetarie restrittive.
I vertici della BCE si sono pronunciati a favore di un primo rialzo dei tassi già a luglio. L’inflazione a causa soprattutto di cause esogene non è più un problema a breve termine. L’idea di Christine Lagarde è quella di un innalzamento graduale dei tassi, per non gravare eccessivamente sulla crescita economica.
Tuttavia la parabola ascendente dello spread parla chiaro. Il BTP decennale ha chiuso con un più 2,67%, un nuovo massimo dopo quello del febbraio 2019. Il rendimento è attualmente insostenibile e gli interventi diretti sono l’unica strada che resta per controbilanciare gli effetti sul costo delle materie prime che più hanno inciso sui prezzi al consumo.
Oltre a questo si aggiunge l’impatto dell’embargo energetico che l’Unione europea sembra preparare contro la Russia. Se c’è chi ancora spera in una risoluzione ottimista, proprio la Germania ha dichiarato il rischio default in caso di embargo alle condizioni attuali. Un’economia, quella tedesca, che non può essere paragonata con quella italiana. Con i suoi 3,806 mila miliardi di dollari di PIL nel 2020, contro i 1,886 mila miliardi dell’Italia, il nostro paese dovrebbe stare attento all’eventuale crisi che sta contribuendo a preparare.
La fragilità della situazione italiana non è più teoria: gli effetti delle interruzioni della catena di approvvigionamento
Nella penisola gli effetti delle interruzioni della catena di approvvigionamento si è scontata sull’economia reale. Non solo il prezzo di gas, benzina e gasolio hanno raggiunto record storici, ma la guerra ha bloccato l’importazione di molte materie prime.
Nonostante la storia insegna che a tutti i momenti di crisi succedono i maggiori periodi di crescita, le cause nell’incertezza degli operatori e dei trader sono molteplici. I rincari di cereali, metalli, petrolio e gas, si sommano all’impennata già in atto dell’inflazione e del costo del debito pubblico.
Il regime autocratico russo, a differenza del nostro, può non doversi confrontare eccessivamente con gli effetti economici che gravano sulla popolazione. Putin già consapevole di quelle che sarebbero state le conseguenze delle sue azioni: ha mantenuto i suoi asset strategici all’interno del circuito economico nazionale, sopportando meglio gli effetti delle ritorsioni economiche. Chi determina le sanzioni deve avere la capacità di sopportarne il peso a lungo termine e fare i conti con il deficit che viene creato, tra bonus, sussidi e incentivi atti a correggere le dinamiche dell’economia.
In Lombardia ferme 310 aziende a causa dell’aumento dei costi fissi
Per capire meglio la fragilità della situazione italiana la regione in cui sono state segnalate più chiusure è la Lombardia. Nella regione sono 310 le aziende la cui produzione è ferma a causa dei costi energetici. La stessa Lombardia da cui proviene più di un terzo di tutte le offerte di lavoro in Italia.
Tra i casi più importanti per la filiera produttiva quella del settore automobilistico: Iltar-Italbox, azienda di Bairo, in provincia di Torino, è leader in Europa per la progettazione e lo stampaggio di elementi utilizzati soprattutto per il cablaggio delle auto. In Ucraina ci sono 40 fabbriche che rappresentano un quinto della fornitura europea di cablaggi. Senza questi un’auto non può essere costruita e perciò in queste settimane alcuni stabilimenti di Volkswagen, Audi e Bmw stanno fermando la produzione di alcuni modelli.