Il settore tecnologico è uno dei più volatili del comparto azionario. I titoli Tech scontano rapidamente l’entusiasmo o la delusione degli investitori per le promesse di innovazione.
Le aspettative degli investitori sulle aziende più capitalizzate hanno sostenuto le variazioni del mercato per diversi anni. Le caratteristiche più importanti rimangono tuttavia i fondamentali, da osservare in un’ottica di lungo periodo.
Sono diverse oggi le aziende che negli ultimi mesi sono state colpite da un sell off generalizzato con perdite consistenti. Tra i nomi più illustri ci sono le società tecnologiche di internet come social network e intrattenimento: Netflix, Snapchat, Facebook, Pinterest, Paypal.
Il potenziale delle aziende tecnologiche è quello di potere scontare velocemente l’aspettativa di guadagno ma anche perdita futura. I pionieri dei loro settori, primeggiano nel riuscire ad attirare gli investitori più propensi al rischio; questo rende i titoli Tech i primi a creare variazioni di prezzo che tendono a staccarsi dai valori ai fondamentali.
Al di là del nervosismo degli investitori e dell’ottica speculativa di breve termine con cui molti di essi operano, c’è da dire che le Big Tech hanno goduto di una crescita senza precedenti particolarmente rilevante durante la pandemia.
Alla luce delle variazioni negative dell’economia reale, queste società però tagliano i costi, riducono le assunzioni e in alcuni casi iniziano i licenziamenti. In questi mesi anche i più grandi titoli del settore tecnologico e dei social media, aziende redditizie con enormi capitali di mercato, stanno limitando le assunzioni.
Anche per il settore tecnologico esiste un problema inflazionistico, soprattutto negli USA dove gli stipendi si adattano velocemente al costo della vita. Con la contrazione del valore azionario raccogliere finanziamenti diventa molto più difficile. Gli investitori diventati più cauti, spostano la liquidità su beni rifugio o titoli con più solidi fondamentali. Pare evidente soprattutto la correlazione con l’andamento del Nasdaq; l’indice Usa ha perso negli ultimi sei mesi il 25%. Gli investitori attendono tempi migliori guardando al futuro; finché non si vedranno cambiamenti nelle variabili macroeconomiche, come gli indici dei prezzi al consumo di Stati Uniti ed Europa, il sentiment prevalente continuerà a essere quello ribassista.
Il 26 maggio è emerso che Microsoft, il cui valore in borsa è sceso del 22% dall’ultimo massimo, ha imposto un blocco delle assunzioni nella sua divisione principale, Windows. Netflix, le cui azioni sono crollate del 73% rispetto ai massimi, ha licenziato 150 dipendenti. Il 24 maggio è emerso che anche PayPal, le cui azioni sono crollate del 73% rispetto ai massimi, ha licenziato decine di dipendenti dagli uffici di Chicago, Omaha e Chandler, Arizona, per tagliare i costi.
Ma quanto hanno perso i grandi del settore come Elon Musk, Jeff Bezos e Bill Gates dal peggioramento dell’economia di inizio anno? Secondo Fox Business le perdite totali sono arrivate a 19,5 miliardi di Dollari all’inizio di maggio. Queste sono triplicate alla fine del mese scorso assestandosi tra i 50 e i 60 miliardi di Dollari complessivi.
La crisi si fa sentire anche in Europa e c’è da dire che la tecnologia sta diventando sempre più intrecciata con la geopolitica. Ciò significa che nel continente ci sarà una maggiore concorrenza dovuta alle normative tecnologiche che limitano le società su privacy e antitrust. È logico aspettarsi che la sicurezza informatica resti predominante al centro del dibattito normativo limitando perciò il giro d’affari delle grandi società del settore.
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