Lo scenario politico-economico impone un’analisi senza precedente: la benzina a 2 centesimi al litro è realtà davanti alla crisi internazionale globale?
Il mondo è sempre più nel caos sotto molteplici aspetti. Penuria economica, casse statali con poche possibilità di monetizzazione, e la stessa benzina a 2 centesimo al litro, sembra una realtà letteralmente impossibile date le problematiche sullo sfondo internazionale. Analizzare il caso con le cause dirette ed indirette, permette di porre l’attenzione laddove di solito non ci si sofferma. C’entra l’Iran, perde il dittatore Assad ma anche tanti soldi dalla Siria ormai liberata: quali sono le conseguenze italiane?
Di riflesso si attua dopo più di mezzo secolo la caduta della dittatura siriana. Si concretizza il crollo di Damasco, Al-Assad nel ruolo di protégé a Teheran e Mosca perde soldi e alleati, sconfinando la questione attorno aspetti finanziari, ma soprattutto geopolitici. In poco tempo Israele ha consolidato i suoi attacchi in Libano privando la Repubblica Islamica delle milizie di Hezbollah. Quest’ultimo addolcito dagli Houthi nello Yemen.
Il Medio Oriente è ormai una polveriera scoppiata, e la sfera d’influenza della Siria si è considerevolmente ridotta, infatti gli resta solo l’Iraq che non è ancora entrato direttamente in conflitto contro Israele. Il conflitto internazionale ha posto delle modifiche e variazioni di un certo peso che si scagliano sul fronte economico, indebolendone a sua volta l’accezione politica.
Bahram Parsaei è l’ex deputato iraniano chiamato in causa, ha persino chiesto costo su un debito della Siria di ben 30 miliardi di dollari, mica spiccioli, che quest’ultima avrebbe contratto con l’Iran. Analizzando la situazione, la questione della benzina ne viene fortemente condizionata, e ciò accade anche negli altri Paesi, poiché le risorse girano attorno questi Paesi che ne sono leader commerciali.
Non solo la benzina a 2 centesimi: nuovo ordine economico internazionale
Si grida al “debito”, ma non è stato un vero e proprio prestito, piuttosto si è trattato di consegne di petrolio pari a 2,5 miliardi di dollari l’anno. Questi figurano come introiti passivi per Damasco. Il punto è che quasi sicuramente questo denaro non verrà ridato al nuovo regime siriano di Mohammed al-Jolani: debito impossibile a cui adempiere poiché vale circa il triplo dello stesso PIL siriano. La Siria è produttrice di petrolio per eccellenza, se nel 2011 ne estraeva 400 mila barili al giorno, oggi sono bene o male 100 mila. Le sue casse si sono dissanguate, e il presidente Masoud Pezeshkian si è pronunciato chiaramente in un discorso televisivo: i sussidi per il carburante non sono più sostenibili. Perché si parla di 2 centesimi al litro?
Analizzato il quadro socio-politico in questione, si evincono dei numeri terribili che spiegano la scelta dello Stato. Si tratta di mantenere una condizione di equilibrio offrendo benzina a prezzi bassissimi. Un litro costa 80 mila rial, cioè i fatidici 2 centesimi di dollaro quando entra in gioco il cambio. Se si guarda al mercato nero, fanno 0,11 centesimi, quasi gratis! La ratio della decisione è non perdere altro consenso da parte della popolazione, dato che il resto del mondo è già ostile.
Già nel 2019 scoppiò il caos per il prezzo della benzina a causa dell’inflazione che pompava i prezzi al 35%, danneggiando a sua volta le famiglie e i cittadini con redditi non molto alti. Lo stesso Deficit di bilancio andrà al 6% del PIL. Peggio ancora se con Trump entrassero in gioco le sanzioni contro l’Iran senza l’intervento di un altro potente attore internazionale, la Cina.
Il grande rischio è quello di perdere esportazioni di petrolio, le quali tengono in vita l’economia del Paese. La discesa delle quotazioni alimenterebbe le tensioni interne.
Quindi, la vera minaccia in Iran è la stessa che in Italia, che in altre parti del mondo: l’inflazione. L’aumento continuo e costante del livello dei prezzi, non ha più nulla di “fisiologico” nel mondo economico e politico. È difficile che l’ayatollah Khamenei, Al Assad, rinunci e si dia per sconfitto ridimensionando i propri piani e la stessa rivoluzione islamica.
Ma è chiaro che rinunciando a ciò le spese militari in discesa causerebbero la stessa situazione per l’inflazione e le sanzioni sarebbero probabilmente ridotte. Quindi, il taglio al prezzo della benzina è una necessità per stabilizzare i prezzi.