Italia: con la pandemia aumenta l’uguaglianza. Ma anche la povertà

Nel corso della storia economica abbiamo avuto modo di osservare come le dinamiche sociali e politiche abbiano innescato una progressivo livellamento del reddito e della ricchezza, aumentando la sua disponibilità per una sempre maggiore fetta della popolazione. 

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Questo è avvenuto quasi sempre a seguito di rotture violente a cui sono seguite innovazione e crescita, favorite all’occorrenza dalla presenza di un economia di mercato. Processi di miglioramento economici e pacifici, sembrano quindi necessariamente fondarsi sul presupposto di eventi drammatici, che rompono l’equilibrio a fondamenta dei presupposti precedenti. C’è da chiedersi a questo punto quale ruolo giocherà l’attuale crisi sanitaria, che potrebbe essere il nuovo precedente drammatico che potrà livellare e ridistribuire la ricchezza, aumentando in un primo tempo la povertà, ma diminuendo la disuguaglianza. Un effetto del genere ebbe luogo durante l’ultimo grande evento drammatico e significativo per l’economia globale, la Seconda Guerra Mondiale.

La Prima e la Seconda Guerra Mondiale furono tra i più grandi fenomeni di livellamento, povertà e in seguito ridistribuzione, della ricchezza nella storia. Il calo percentuale medio del reddito dei paesi coinvolti nel secondo conflitto mondiale è statisticamente significativo, dato l’alto numero di nazioni coinvolte, ed è stato del 31% rispetto i livelli precedenti la guerra. Ma i grandi perdenti del conflitto furono in realtà i grandi ricchi dell’epoca, che vennero travolti dall’insorgere da movimenti scaturiti dal disagio e dalla consapevolezza popolare, che a partire dalle classi più basse avviarono quel processo di ridistribuzione della ricchezza e di livellamento del potere politico ed economico a cui assistiamo anche oggi.

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Gli effetti del Covid: redistribuzione della ricchezza, livellamento salariale

I due grandi sistemi economici, comunismo e capitalismo, sembrano condurre a partire dalla prima metà del 1800 a oggi a un notevole progresso in termini di redistribuzione della ricchezza e livellamento salariale, accelerando la diminuzione della povertà a un ritmo senza precedenti nella storia economica. In questo senso la pandemia potrà segnare la storia economica allo stesso modo di guerre, rivoluzioni, crolli e mutamenti di paradigmi e di sistemi economici. Per la prima volta nella storia moderna si assiste a una rivoluzione data da necessità sanitarie, in grado di accelerare ulteriormente quei fattori che il capitalismo e il moderno comunismo di mercato cinese non sembravano più in grado di accrescere.

A questo proposito il mercato del lavoro è rappresentativo dello scenario attuale, nella quale un generale aumento dell’istruzione è stato accompagnato da un accrescimento dei redditi con un conseguente livellamento del potere d’acquisto, accompagnato da bassi tassi di risparmio, dal calo dei prezzi degli asset, da un aumento dell’inflazione e da una tassazione progressiva. Tanto che oggi l’attività politica sembra aver perso quelle caratteristiche elitarie, aprendo uno scenario nel quale l’occupazione, costituendo la principale attività economica distintiva del singolo cittadino, è in grado di modificare sostanzialmente gli equilibri politici.

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Italia: i dati su povertà e mondo del lavoro

L’avvitamento di questo processo è risultato evidente soprattutto nel nostro paese, dove dati Istat del 2019 indicano che il livello di povertà assoluta tra le famiglie con una persona di riferimento occupata, è stata nel 2020 pari al 7,3%, mentre secondo l’Eurostat sempre nello stesso anno di riferimento, 11,8% dei lavoratori si trovava in una condizione di povertà, contro una media Europea del 9,2%. Salari troppo bassi, l’incapacità politica della popolazione di avvalersi del sistema democratico in modo efficace, o della politica di rappresentare le istanze della popolazione, con la percezione della progressiva perdita delle conquiste economico sociali, hanno scaturito quelle che sono oggi le risposte politico economiche alla pandemia.

Se il problema è oggettivo non devono essere date per scontate le misure e le reazioni dei governi, che sembrano convergere oggi verso una ripresa di quel processo che si era idealmente interrotto con la crisi del credito USA del 2008. In Italia per ogni offerta di lavoro ci sono in media dieci lavoratori disposti ad accettarla. Nel primo trimestre del 2021 i disoccupati sono circa 2,6 milioni, mentre la domanda da parte delle aziende è intorno ai 270 mila. Le risposte dello Stato italiano non hanno tuttavia saputo recuperare lo squilibrio nel mercato del lavoro, nemmeno con l’introduzione di un sistema di politiche attivo atto a reintegrare i lavoratori e mantenere al contempo attivi i loro consumi, come il reddito di cittadinanza.

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