Il caro energia (bollette e benzina alle stelle) ha messo l’economia italiana in ginocchio, ecco cosa sta succedendo.
Le politiche di protezionismo e autosufficienza sono intervenute negli ultimi anni sostituendo gli accordi di libero scambio e la promozione della liberalizzazione economica. Oggi il caro energia (benzina e bollette alle stelle) pesa sul bilancio pubblico.
La guerra in Ucraina ha messo in discussione la sicurezza alimentare ed energetica. Le aziende e le famiglie italiane hanno un anno difficile davanti a loro.
Con la limitazione dell’interconnessione economica, il mondo vedrà una crescita tendenziale inferiore, con maggiore intervento dello Stato e rendimenti delle aziende che saranno complessivamente inferiori.
Le interruzioni della catena di approvvigionamento e il costo delle materie prime hanno inciso sull’offerta dei beni finali incrementando l’effetto negativo dell’inflazione sul potere d’acquisto. La disponibilità di beni sempre più economici si è gradualmente sostituita alla qualità e alle considerazioni ecologiche, fino agli attuali estremi causati da una situazione imprevista e imprevedibile.
Prima il Covid, poi il forte rincaro generale dei prezzi (benzina e rincaro bollette), mette a dura prova la tenuta economica della maggior parte delle famiglie italiane. Secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia, si stima che in Italia ci siano 4 milioni di famiglie in difficoltà economica, impossibilitate a utilizzare i servizi di base, riscaldamento, illuminazione e utilizzo di elettrodomestici.
Le famiglie più a rischio sono naturalmente quelle con un elevato numero di componenti, che vivono in abitazioni con una scarsa efficienza in termini di isolamento termico. Le percentuali mostrano una situazione sempre più critica soprattutto al centro e sud Italia. Qui il problema della povertà energetica coinvolge tra il 24 e il 36% delle famiglie, con valori estremi registrati in Campania, Sicilia e Calabria.
Benzina e bollette alle stelle: economia italiana sempre più vincolata dal peso del debito pubblico
A gennaio 2022 il numero degli occupati tra i lavoratori indipendenti è sceso di 185 mila unità, mentre tra i dipendenti la contrazione è stata pari a 79 mila. Il tasso di disoccupazione a gennaio è pari al 8,8%, mentre il numero di occupati è superiore di appena il 3,3% rispetto gennaio 2021.
Il sostegno economico alle famiglie è un altro costo che aggiunge un peso significativo al debito pubblico. Una spesa che negli ultimi dieci mesi, soltanto per sostenere il caro energia è stata di 20 miliardi di euro. Sul fronte luce e gas il decreto anti rincari ha compreso tutte le famiglie con un reddito di almeno 12 mila euro. Oltre a questo sono stati azzerati gli oneri di sistema e ridotta l’IVA al 5%.
Gli ammortizzatori sociali comprendono oltre le famiglie anche le aziende su cui si dovrà intervenire, dato il peso economico del problema con un Recovery europeo. Le industrie coinvolte necessitano di garanzie fatte con interventi strutturali sull’approvvigionamento delle materie prime.
Nella rete del caro energia: settore siderurgico e automobilistico
Le conseguenze in Italia, che già prima del conflitto in Ucraina stava soffrendo per il rialzo dei costi di energia e materie prime, coinvolgono il settore industriale. In particolare, il settore siderurgico che utilizza per 80% della produzione di acciaio forni elettrici. Ventiquattro milioni di tonnellate di acciaio il cui rincaro si somma a materie prime come ghisa e rottame ferroso, con ricadute su tutta la produzione industriale.
A oggi, quasi tutti gli impianti siderurgici italiani stanno attuando fermi o rallentamenti della produzione. Alla siderurgia e all’alluminio, si aggiunge poi la filiera dell’auto, messa già in difficoltà dalla transizione energetica e la carenza di semiconduttori. La prima mossa di molte aziende è stata quindi limitare la produzione allo stretto necessario, soprattutto per quei comparti che consumano più energia. In assenza di alternative alcune aziende sono state costrette a chiudere temporaneamente intere linee produttive e chiedere la cassa integrazione dei lavoratori.
Secondo una rilevazione fatta dalla Fim, il sindacato dei metalmeccanici, in tutta Italia sono 26.000 i lavoratori coinvolti nella sospensione della produzione. Roberto Benaglia, segretario generale della Fim-Cisl, è convinto che se il conflitto non si fermerà il rischio è quello di un aumento esponenziale del fenomeno nel giro di un mese.
Tra i nomi più noti nel settore auto, Lamborghini. Con 1400 dipendenti ha fermato la linea produttiva della Huracàn, a causa della mancanza di cablaggi che arrivano da un’azienda Ucraina. Il fermo ha coinvolto 200 persone che rischiano oggi la cassa integrazione.