La recente crisi dei consumi ha avuto un effetto devastante sul commercio al dettaglio e rivoluzionario sull’e-commerce. Ecco come vengono influenzati oggi i consumatori
Il mondo del marketing si è unito da tempo al pervasivo fenomeno dei social network, con le aziende in competizione per portare la loro presenza su quelle piattaforme dove gli utenti spendono il loro tempo e condividono i propri contenuti.
L’utente con migliaia di fan o follower è in grado di promuovere scelte di consumo in modo molto più efficace dei messaggi pubblicitari di radio, giornali e televisione.
L’assenza della consapevolezza di queste dinamiche, di cui tuttavia negli ultimi anni si è preso sempre più atto, può portare a costose campagne pubblicitarie che non sono in grado di orientare i consumi o creare le tendenze necessarie all’azienda che vuole ottenere un ritorno dal suo investimento.
Quali sono le leve psicologiche utilizzate dal marketing?
Per capire il mercato pubblicitario di oggi basato sugli influencer o sugli opinion leader, bisogna tornare a quella che fu l’epoca dei marchi orientati sull’immagine di un personaggio, che veniva associato collettivamente alle qualità astratte del prodotto. Tutto è iniziato nell’epoca in cui Colgate, Jack Daniel’s, Coca-Cola, iniziarono a pubblicizzare i loro prodotti cercando di associarli a delle abitudini legate a particolari stili di vita.
Queste aziende capirono che per arrivare a un pubblico di massa, era necessario in primo luogo convincerlo a utilizzare i propri prodotti, inserendoli subito prima o subito dopo una particolare abitudine che fosse già presente nella loro vita quotidiana. In secondo luogo bisognava agganciare, anche in modo non del tutto esplicito, la loro attenzione a un personaggio, che utilizzando lo stesso prodotto induceva ad associare e trasferire le sue qualità positive all’acquisto e all’utilizzo del prodotto stesso.
Allo stesso modo l’influencer può portare al suo pubblico le stesse dinamiche, essendo in grado di sostituirsi in modo molto più efficace al classico testimonial degli spot pubblicitari.
Come funziona il mercato pubblicitario sui social network?
Molte di queste aziende iniziano a stabilire i primi contatti con gli influencer su Instagram, YouTube o Twitter, per mezzo della verifica dei loro contenuti che dovevano essere in linea con quella che è la brand identity, ovvero la narrativa e i valori per mezzo del quale l’azienda si presenta al pubblico. Proprio come farebbe un individuo, essa cerca di mantenere una relazione con i propri clienti raccontando se stessa e comportandosi per mezzo delle sue scelte di marketing, secondo i canoni coerenti al suo prodotto, ma anche ai valori presenti nell’opinione pubblica: l’ecologismo, i diritti umani, la sportività, l’onestà etc. Successivamente l’azienda recapita gratuitamente il prodotto al fine di ottenere una recensione pubblica, fedele allo stile comunicativo dell’influencer.
L’influencer ha ormai superato l’influenza dei media tradizionali
Le motivazioni per cui il testimonial, che può essere uno sportivo, un esperto, un attore, un modello o un artista, ha perso gradualmente la sua presa sul pubblico fuori dai social, è il fatto che le nuove generazioni sono sempre più abituate all’interazione ravvicinata o meglio molto meno mediata con le loro figure di riferimento, comprese quelle popolari nel mondo dello spettacolo o dello sport.
Attraverso i social media e social network è infatti possibile stabilire una relazione diretta e soprattutto un senso di appartenenza tra i partecipanti, che possono interagire tra loro all’interno di un profilo o di un canale. Questo è in grado di aumentare la fiducia e l’identificazione rispetto a quello che il personaggio è in grado di proporre, sia esso un’esperienza, la visione di un film o l’acquisto di un prodotto.
LEGGI ANCHE>>I social network stanno rivoluzionando il mondo del trading?
Ogni influencer espone al pubblico la sua vita privata, stabilendo una connessione diretta tra gli aspetti umani e quotidiani che è possibile generalizzare, a dispetto di una vita spesso molto diversa dalla media degli utenti e quindi dei potenziali consumatori. Viene così creata quell’intesa che un media tradizionale non può instaurare direttamente con il suo pubblico.
Naturalmente per ogni tipologia di utente e quindi dal punto di vista dell’azienda per ogni potenziale consumatore, ci sono differenti tipi di influencer che una società può decidere di ingaggiare, al fine di promuovere il suo prodotto. Questo può variare naturalmente in base alla fascia di età e al sesso della persona che promuove i prodotti.
Esistono tutta una serie di circostanze che i nuovi investimenti pubblicitari devono valutare prima di associare la loro immagine a quella di un personaggio con migliaia di follower.
Quali pericoli corrono le aziende sfruttando gli influencer?
Innanzitutto deve considerare che la prossimità tra il pubblico e il testimonial all’interno di un social media network, essendo molto più ravvicinata, può apportare non solo vantaggi ma anche problematiche. L’utente è infatti in grado di reagire con un feedback immediato e più o meno direttamente, rispondendo alla pubblicizzazione del prodotto. Questo può trasformarsi in un vantaggio ma anche in un danno diretto all’immagine dell’azienda, qualora i commenti fossero negativi, venendo coinvolta suo malgrado in modo diretto a causa dell’assenza di filtri tra i suoi potenziali clienti e il testimonial del prodotto offerto.
I consumatori sono molto più influenzati dai social media e hanno quattro volte più probabilità di acquistare il prodotto pubblicizzato rispetto a quelli dei media tradizionali. Questo significa che il passaparola è in grado di amplificare la diffusione di un’abitudine di consumo, così come eventuali critiche, un fenomeno che è in grado di autoreplicarsi ed elevare il potenziale di un investimento, ma che una volta innescato, in caso di esiti imprevisti, è molto difficile da arrestare.
Kendal Jenner, Pepsi e il movimento Black Lives Matter
Tra gli esempi più eclatanti dell’insuccesso di una campagna pubblicitaria portata avanti da un influencer c’è quella fatta per la Pepsi da Kendall Jenner. Nello video realizzato vengono mostrate delle scene che fanno riferimento alle proteste avvenute durante il movimento Black Lives Matter, a sostegno dei diritti delle minoranze negli Stati Uniti. La modella americana, influencer su Instangram, ha cercato di comunicare attraverso le immagini la capacità e le qualità della Pepsi, in grado di coinvolgere e sostenere l’unità nella diversità tra tutti i componenti che hanno partecipato ai movimenti, divenuti spesso teatro di violenze e scontri tra la polizia e i manifestanti.
È proprio su questo particolare che sono nate le critiche e battute che hanno fatto fallire la campagna pubblicitaria rivelandosi un boomerang per la Pepsi. Nello spot ad un certo punto vengono coinvolti anche alcuni poliziotti a cui viene offerta una lattina della nota bevanda, come a sottolineare la reciproca uguaglianza tra minifestanti e le forze di polizia. A questo punto un solo meme creato dalla figlia di Martin Luther King è riuscito a rovesciare il significato dello spot pubblicitario. Nella foto Martin Luther King è mostrato durante gli scontri con la polizia durante le proteste per i diritti civili negli Stati Uniti, con la frase “Se solo papà avesso saputo delle incredibili capacità della Pepsi”
Proprio nei giorni scorsi, sempre Kendall Jenner, in uno post apparso su Instagram per 818 tequila, una marca di tequila messicana, ha ricevuto critiche e commenti negativi a causa del fatto che sembrerebbe farsi gioco di alcuni stereotipi sugli allevatori messicani con i quali si svolgono le scene del contenuto video.
Le intenzioni positive molto spesso non sono sufficienti a ottenere sul pubblico l’effetto desiderato, non solo in termini di efficacia e ritorno in termini di vendite, ma anche più semplicemente in termini di significato.
LEGGI ANCHE>> I millennial cinesi e la prossima bolla speculativa
Influencer marketing: i casi di sucesso di Adidas e Zara
Nell’ultimo anno il fenomeno dell’isolamento sociale ha amplificato enormemente il già frequente utilizzo dei social network, trasferendo contestualmente le influenze sulle scelte d’acquisto e le abitudini di consumo. Queste sono state mediate non solo dagli influencer, ma dal gruppo dei pari e dalle recensioni online.
Il nuovo contesto digitale ha sicuramente ridefinito alcune delle preferenze come l’utilizzo degli e-commerce, ridefinendo così anche le strategie per poter pubblicizzare un prodotto, cercando il più possibile di avvicinare l’interazione tra l’utente e il prodotto, integrando il più possibile l’esperienza dello shopping tradizionale in quello del mondo digitale.
Alcune note campagne pubblicitarie hanno rivelato il successo di questa nuova strategia, orientata a diversificare e incrementare il risultato degli investimenti nel settore pubblicitario.
Adidas, la nota azienda di abbigliamento sportivo, tra il 2015 e il 2016 aveva utilizzato Instagram per spingere i suoi messaggi sulla giovinezza e lo stile di vita casual, ottenenendo un incremento delle vendite straordinario del 24%.
Una delle aziende nel campo della moda e dell’abbigliamento, che ha avuto i ritorni maggiori con una strategia di marketing orientata a coinvolgere gli utenti sui social è Zara, che sempre nel 2015 aveva registrato un profitto di 2,3 miliardi di dollari.
La regina degli influencer: Chiara Ferragni
Ci sono poi storie di chi ha iniziato a pubblicare contenuti come una persona comune e negli hanni è riuscito a ottenere visualizzazioni e successo, arrivando anche a centinaia di milioni di follower. Riuscire a coinvolgere un tale numero di persone, facendoli divertire e partecipare attivamente ai contenuti del proprio profilo o del proprio canale, non è un’impresa semplice. In Italia (e nel mondo), in testa ai personaggi divenuti celebri grazie all’utilizzo strategico dei social network c’è Chiara Ferragni.
La giovanissima imprenditrice, riuscita, sfruttando la sua immagine e le sue competenze, a ‘influenzare’ ad esempio i consumi alimentari, sponsorizzando i biscotti Oreo, ottenendo quasi cinque milioni di visualizzazioni in poco più di un mese, così come per Pantene ha utilizzato una strategia multicanale, che ha visto la Ferragni raggiungere un valore MIV, Media Impact Calue, o in altre parole un ritorno dell’investimento, maggiore di 413.000 euro.
Il MIV, similmente al ROI nel trading, è stato sviluppato per poter confrontare in modo oggettivo le performance che vengono ottenute dagli investimenti. In questo caso si riferisce agli investimenti delle campagne pubblicitarie, ma più in generale del ritorno in termini monetari dei contenuti che circolano sulla stampa, online e sui social. L’indice è calcolato tenendo conto di quattro criteri principali, qualità del media e del contenuto, visibilità e tariffe date dallo sponsor.