In base alla composizione famigliare e l’area urbana e il reddito l’inflazione reale che colpisce specifiche categorie di persone è diversa.
Si tratta dell’inflazione percepita che varia rispetto a quella media nazionale rilevata dall’Istat.
Se l’inflazione percepita è diversa per specifiche categorie di persone in cosa si differenzia? Essa è l’effetto del diverso paniere di beni e servizi a cui specifiche categorie di persone fanno affidamento per sostenere il loro stile di vita. Oltre a questo, in particolare è causata dal diverso reddito disponibile su cui incide in misura diversa a livello assoluto il costo della vita.
Mentre il presidente della FED, Jerome Powell, si dice pronto a moderare il ritmo degli aumenti dei tassi man mano che ci avviciniamo al livello soglia sufficiente a ridurre l’inflazione. Questa perversa nell’eurozona con aspettative temporali dilatate rispetto al problema negli Stati Uniti.
Sembra che “il momento per moderare il ritmo degli aumenti dei tassi potrebbe arrivare già alla riunione di dicembre”. Le parole del presidente della Federal Reserve sorprendono in parte per la velocità con cui sembra essere stato risolto il caro vita negli Stati Uniti. Sarà questo il motivo oppure si temono effetti deleteri a lungo termine?
Mercato del lavoro, nuove assunzioni e stipendi stanno già subendo l’effetto depressivo necessario e inscindibile dalla politica di contenimento dell’inflazione. Accadrà naturalmente lo stesso in Italia dove per molti gli aumenti per i consumi effettivi battono l’inflazione media del paniere Istat. Chi sono i più colpiti dall’inflazione?
Sebbene l’aumento sia generalizzato, sono i disoccupati a subire sia in termini relativi che in termini assoluti sul reddito disponibile il peso maggiore dell’inflazione. Data la minore spesa e la maggiore concentrazione in beni essenziali quali alimentari e consumi domestici l’inflazione arriva per chi ha un reddito basso fino al 17,1%.
Per inquadrare il fenomeno nel terzo trimestre di quest’anno l’inflazione del quinto più ricco della popolazione è al 7,6%. Quella del quinto meno abbiente invece è arrivata all’11,6%, contro una media dell’8,9%.
Chi è costretto a spendere gran parte del proprio reddito per beni di prima necessità come alimentari e consumi domestici, acqua luce e gas, sono più esposti ai prezzi dei beni più volatili e subisce perciò aumenti più elevati rispetto al reddito disponibile.
È una vita più cara anche per i single, le famiglie mononucleari hanno una spesa media aggiuntiva mensile di 195 euro; circa il 15,7% al mese. È una spesa aggiuntiva che tocca anche gli anziani che vivono da soli per cui l’inflazione toglie il 16,4% al mese.
All’estremo opposto i meno colpiti sono stando alle statistiche le coppie con due figli; per loro l’inflazione percepita è del 12% per una spesa aggiuntiva mensile di 298 euro.
Oltre alle differenze di occupazione e reddito familiare quali sono le altre variabili? I più esposti all’inflazione si differenziano anche a secondo del luogo in cui si vive; paesi o aree metropolitane. La dimensione territoriale incide infatti sui prezzi in modo più marcato nelle aree metropolitane: la differenza con i piccoli comuni sotto i 50 mila abitanti è di quasi due punti o il 15%.
L’inflazione varia anche in base alle regioni italiane; le più colpite e dove si spende di più a parità di consumi sono Liguria, Piemonte e Puglia con un costo della vita arrivato al 13,1%. L’inflazione percepita è invece la più bassa nelle regioni italiane come: Umbria, Sicilia e Molise che hanno un’inflazione percepita del 11,2%.
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