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Inflazione: le Banche Centrali si sbagliavano, ecco quanto costa correre ai ripari

Le Banche Centrali nel periodo post Covid hanno seguito una narrativa molto accomodante sull’inflazione definendola come un fenomeno transitorio.

L’annuncio ufficiale di un rialzo del costo del denaro dello 0,5% da parte della Fed dopo lo 0,25% di marzo sta avendo un effetto domino sui mercati.

Le Banche Centrali, erano convinte che l’inflazione per l’anno in corso sarebbe stata transitoria e contenuta, senza naturalmente considerare altri fenomeni esogeni. Tra questi l’incremento del costo delle materie prime. Se sovrastimare il pericolo e la durata dell’inflazione poteva essere un errore che avrebbe annullato gli effetti delle politiche monetarie espansive, dall’altro oggi essa è arrivata a un record impossibile da ignorare.

Il perdurare della situazione in concomitanza con il prossimo embargo commerciale dell’Unione europea può causare un’ulteriore crisi. Questa sul breve termine è in grado di rendere particolarmente difficile il compito di tutela e regolazione dei mercati delle banche centrali. Negli ultimi dieci anni i rari momenti in cui la BCE non ha raggiunto l’obbiettivo del 2% furono rigorosamente dovuti a fenomeni esogeni. Si pensi ad esempio al 2008 o al 2012, con picchi dovuti principalmente al prezzo delle materie prime.

Il rischio di inflazione nel periodo post covid è stato fortemente sottostimato

Forse a causa di questi ricordi, il rischio di inflazione nel periodo post covid è stato fortemente sottostimato. Per la prima volta dopo tanti anni veniva aggiunta ad una politica monetaria accomodante anche quella fiscale.

Se l’economia degli Stati Uniti ha ricevuto in un anno stimoli per 5.000 miliardi di dollari, l’Europa nello stesso momento ha varato un Recovery Plan da 750 miliardi di euro. Pensare che queste misure non portassero dei rischi inflattivi è stato un ottimismo forse necessario a modificare più decisamente il sentiment dei mercati.

Secondo gli analisti di Bloomberg, i nuovi rialzi dei tassi rappresentano l’inasprimento più marcato dal gennaio 1982, “quando la Fed di Paul Volcker alzò i tassi del 3% in una volta sola”. L’ultimo aumento di mezzo punto è stato invece più di vent’anni fa, nel maggio del 2000.

Quanto costa correre ai ripari? La più importante serie di rialzi dei tassi degli ultimi 40 anni

Le parole della Fed hanno confermato le aspettative di un inasprimento a breve termine, ma anche di una improvvisa presa di coscienza che sembra presagire la più importante serie di rialzi dei tassi degli ultimi 40 anni. Le dinamiche salariali negli Stati Uniti scontano più decisamente dell’Unione europea gli effetti dell’inflazione. Per avere un esempio, assumere un camionista negli USA bisogna offrirgli uno stipendio di 100.000 dollari l’anno. Anche un dipendente di McDonald può arrivare a chiedere fino a 20 dollari l’ora.

Anche nell’area euro i mercati si aspettano un aumento dei tassi dello 0,75% entro il prossimo dicembre. Le tensioni vengono scontate anche sulle obbligazioni: In Italia, il Btp è salito ieri al 2,62% più che raddoppiato rispetto all’1,2% di gennaio.

Andrea Carta

Ha studiato Analisi Tecnica dei mercati finanziari e ha svolto la professione di trader indipendente fino al 2019. Appassionato di letteratura e scrittura creativa, concilia le sue conoscenze ed esperienze scrivendo articoli in tema finanziario, socio economico e politico

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