Il CV, per essere completo, deve avere al suo interno tutte le informazioni utili e necessarie per identificare il lavoratore. Il dubbio, però, riguarda le condizioni di salute
Quando si cerca lavoro, la prima cosa da fare è quella di compilare il proprio CV. Il Curriculum Vitae è una sorta di riassunto della propria vita scolastica e lavorativa, che in un foglio o due contiene tutte le informazioni relative al proprio percorso di studi e alle esperienze professionali vissute in precedenza. Vanno inseriti, poi, i propri dati di contatto e di riferimento, nonché dettagli sulle lingue che si conoscono, sul possesso o meno della patente di guida e sulla disponibilità al trasferimento.
Inviando questo CV, il cittadino che cerca lavoro trasmette tutte le proprie informazioni al recruiter che sta selezionando il personale per l’azienda che sta assumendo e, quindi, gli permette di capire in pochi minuti se ciò che si trova davanti potrebbe fare al caso suo. C’è però un dubbio in merito alla compilazione del CV e riguarda i problemi di salute: molti, infatti, non sanno se indicarli o meno.
La legge parla chiaro: non vi è alcun obbligo di inserire la propria invalidità o eventuali problemi di salute nel CV. La scelta, quindi, spetta solo al candidato o alla candidata, che può decidere se inserire questa informazione così che il recruiter lo sappia e ne tenga in considerazione per la valutazione del profilo del lavoratore: palesare i propri problemi di salute evita di doverli poi esporre a voce in sede di colloquio e trovarsi di fronte, eventualmente, alle perplessità di chi seleziona.
In alcuni casi, infatti, indicare i propri problemi di salute nel CV può essere d’aiuto al candidato o alla candidata. Innanzitutto, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea stabilisce nell’articolo 21 che si vieta qualsiasi forma di discriminazione, anche nelle fasi di selezione di nuovo personale. Indicare i propri problemi, quindi, soprattutto se a questi corrisponde un’invalidità può aiutare nell’essere assunti come categorie protette.
A tutelare le categorie protette è la legge 68 del 1999, con la quale l’ordinamento italiano ha istituito questa nozione per promuovere l’inserimento lavorativo delle persone con specifiche condizioni di salute, di invalidità psico-fisica o con specifiche forme di svantaggio. Ne rientra chi ha un’invalidità civile di almeno il 45%, chi ha subito una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 33% a causa di un incidente sul lavoro, chi è sordomuto e chi è non vedente.
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