In alcuni casi l’indennità di disoccupazione, va restituita. Vediamo quando accade e quando invece si può trattenere.
Quando un rapporto lavorativo si interrompe perché il lavoratore viene licenziato lo stesso ha diritto a percepire un’indennità di disoccupazione.
Ci sono situazioni però in cui questa indennità viene chiesta indietro dall’Inps: ad esempio quando il licenziamento viene considerato illegittimo da un tribunale o quando il soggetto trova un altro lavoro, autonomo o dipendente e non comunica all’ente previdenziale la nuova condizione professionale.
L’Inps ritiene quindi indebita l’erogazione della Naspi, visto che il lavoratore ha nuovamente un’occupazione. In realtà la Corte di Cassazione recentemente ha sottolineato come la restituzione dell’indennità non sia da attuare in quanto il lavoratore si è ritrovato in un ostato di disoccupazione contro la sua volontà. Vediamo nel dettaglio quando si deve restituire la Naspi e quando invece il lavoratore non deve restituirla all’Inps.
La Naspi va restituita quando il lavoratore che ha fatto ricorso al giudice vede la conferma dell’illegittimità del licenziamento per cui viene reintegrato al lavoro e quando è lo stesso datore di lavoro che revoca il licenziamento, annullando di fatto la procedura di licenziamento in corso. L’indennità va restituita all’Inps perché le mensilità che il lavoratore non ha percepito verranno versate in misura risarcitoria dal datore di lavoro.
Quando il lavoratore rientra a tutti gli effetti al suo posto di lavoro vige l’obbligo di restituzione dell’indennità di disoccupazione. E’ quanto ha affermato anche la Cassazione, ritenendo che in questo caso non sussistono più i presupposti richiesti dall’erogazione del contributo. Inoltre ha anche stabilito che le somme versate come Naspi non si possono detrarre dagli importi che il datore di lavoro è obbligato a versare al dipendente.
La Naspi è da restituire all’Inps anche nel caso in cui durante il periodo di disoccupazione il soggetto percettore dell’indennità ha prestato la sua opera svolgendo altre mansioni a tempo determinato o indeterminato. La somma da dare indietro all’Inps è però quella che il lavoratore ha percepito da quando ha cominciato a lavorare senza comunicare all’ente questa nuova condizione. La parte ricevuta precedentemente all’inizio di questa attività lavorativa invece non va resa, in quanto il lavoratore aveva tutti i requisiti per disporne, visto che si trovava in uno stato reale di disoccupazione.
In mancanza di un reintegro del lavoratore successivo alla sentenza emessa dal giudice del lavoro egli può invece trattenere la Naspi percepita, senza doverla restituire all’ente erogatore. E’ quanto ha affermato la Cassazione, sostenendo che l’indennità di disoccupazione non risulta a quel punto indebita, visto che il dipendente non ha provocato lui stesso lo stato di disoccupazione ma lo ha subito, avendo scelto il datore di lavoro di non reintegrarlo e di risolvere il rapporto di lavoro.
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