I membri dell’OPEC hanno abbandonato venerdì il tavolo di negoziazione. Il futuro della produzione di petrolio rimane incerto. Il motivo è il disaccordo di uno dei membri chiave del cartello, senza il quale non è possibile stabilire nuovi livelli produttivi.
I membri dei più grandi paesi produttori di petrolio si sono riuniti una seconda volta ieri in videoconferenza, dopo il fallito tentativo di raggiungere un accordo a causa della contrarietà degli Emirati Arabi Uniti, che non vedono di buon grado la proposta dell’Arabia Saudita di procrastinare il taglio dell’offerta di petrolio fino alla fine dell’anno.
Il mercato del greggio ha reagito proseguendo la tendenza rialzista, mentendo i prezzi a quota 77,4 dollari dopo che il 29 luglio erano arrivati a 73,9 in previsione delle nuove decisioni previste per il 5 luglio, che tuttavia avrebbero stabilito la prosecuzione delle politiche attuali, con una produzione che sarebbe aumentata di 400.000 barili al giorno ogni mese a partire da agosto fino alla fine del 2022.
Nessun accordo dei paesi OPEC sui livelli di produzione futuri
In assenza di una decisione il rischio è quello di bloccare la concertazione della attuale produzione, stabilita a partire dalla drastica riduzione dei consumi di greggio e concordata a partire dalla primavera del 2020. Se la diplomazia tra gli stati produttori non riuscisse a sbloccare la situazione gli Emirati Arabi Uniti che vorrebbero aumentare la propria quota dagli attuali 3,2 fino ai 3,8 milioni, potrebbe immettere sul mercato diversi quantitativi di greggio da quelli stabiliti. Diversamente il rischio è quello di una prosecuzione dei rincari del petrolio, con ricadute sui costi dell’energia e sui prezzi dei beni finali, che stanno venendo già scontati negli ultimi mesi sia in Italia che negli Stati Uniti.
Dal punto di vista delle quotazioni il fallimento delle trattative dell’OPEC non ha dato alcuna occasione agli investitori di modificare il sentiment sul lungo periodo, con le quotazioni che rimangono vicini livelli chiave raggiunti venerdì. Le indecisioni sulla futura produzione messe in atto anche al fine di riuscire a recuperare i mancati introiti causati dai fermi produttivi, potrebbe creare sul future del brent oil uno squeeze di prezzo.
L’umore degli operatori sembra infatti cercare di scontare la sorpresa dei nuovi massimi, accumulando ordini di vendita che per ora sono stati disattesi, a questo punto se le trattative non dovessero risolversi in breve tempo le quotazioni potrebbero incrementare il proprio valore per un effetto a catena sulle posizioni short. Queste posizioni aperte contro trend verrebbero progressivamente chiuse all’aumentare del prezzo, creando un aumento temporaneamente esponenziale.
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Un crollo del prezzo del petrolio è ancora possibile
Al contrario una decisione presa individualmente dagli Emirati Arabi potrebbe causare un crollo repentino del greggio, con un incremento della produzione che potrebbe aumentare improvvisamente di 700.000 barili al giorno e un prezzo del petrolio che potrebbe tornare almeno a livelli intorno ai 70 dollari al barile. Attualmente il prezzo del future sul Brent Oil si trova sui massimi ai 77 dollari con una tendenza che non lascia intravedere sul breve termine spunti operativi, mancando nell’area di prezzo attuale indicazioni tecniche favorevoli all’impostazione di obbiettivi di prezzo.
In caso fossero mantenuti gli accordi attuali con l’aumento del 10% della produzione a luglio, questo si potrebbe scontare sul breve termine con la chiusura delle posizioni speculative long, data la consapevolezza del futuro indebolimento del bull trend, è possibile un ingresso multiday in ottica ribassista a partire dai 75 dollari fino a obbiettivi di prezzo intorno ai 72 dollari.
Le informazioni contenute in questo articolo non rappresentano un invito alla speculazione né all’investimento