Gli impianti energetici a biomassa presentano numerosi vantaggi e convengono sotto una serie di aspetti, tra cui quello fiscale. Infatti l’aliquota Iva è agevolata. I dettagli
Oggi si parla molto di nuove fonti di energia o di energie alternative: d’altronde il periodo è caratterizzato dai rincari dei costi delle materie prime e le bollette luce e gas sono lievitate sensibilmente in questi mesi.
Ragion per cui è certamente utile fare il punto sugli impianti energetici a biomassa, i quali costituiscono una risorsa che sta acquisendo sempre più spazio.
Vedremo di seguito alcune caratteristiche chiave della biomassa e dei relativi impianti, ricordando altresì una interessante agevolazione fiscale vigente in materia, la quale mira a favorire l’impiego di forme di energia alternativa, rinnovabile e sicura per l’ambiente.
Prima di approfondire alcuni aspetti degli impianti a biomassa e considerare cosa c’è di rilevante a fini fiscali, vediamo in sintesi che cosa si deve intendere per biomassa. Ebbene, essa costituisce una frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica che derivano da organismi viventi. Il loro scopo è appunto quello di costituire una risorsa a fini energetici. Anzi le biomasse rappresentano oggi una delle fonti rinnovabili maggiormente disponibili sul globo.
Attenzione però in quanto non sono da ritenersi parte delle biomasse i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) e i loro derivati, come ad es. le materie plastiche.
Le centrali a biomasse solide (pensiamo a quelle che si servono del legno) – dal punto di vista tecnico – sono impianti classici aventi un forno di combustione e una caldaia che dà energia ad una turbina a vapore unita ad un generatore.
Chiariamo che tra i lati positivi degli impianti a biomassa e della biomassa in sé abbiamo che quest’ultima di fatto costituisce un esteso giacimento energetico, idoneo a sostituire i classici combustibili fossili. Essa insomma rappresenta una risorsa per il futuro e mostra alcuni oggettivi vantaggi. Quali? Eccoli di seguito:
Tuttavia anche qualche ‘neo’ nell’utilizzo di questa fonte energetica e dei relativi impianti a biomassa, c’è. Pensiamo a fattori come le procedure di autorizzazione, che ancora patiscono la molta burocrazia, e pensiamo anche all’obbligatorietà di un sistema di gestione per i rifornimenti di biomassa.
Ma soprattutto teniamo conto della bassa densità energetica in ragione della quale, a parità di energia prodotta, abbiamo un più consistente ingombro e peso, specialmente rispetto ai tradizionali combustibili fossili (però pericolosi per l’ambiente).
Il costo d’investimento iniziale dell’impianto a biomassa non è basso e bisogna comunque tener conto anche del tempo di ritorno dell’investimento, ovvero entro quanto tempo è possibile compensare le spese effettuate per realizzare l’impianto. Ebbene, il tempo di ritorno dell’investimento – sulla scorta della tecnologia adottata e del livello di consumo – è di solito pari a circa a 15 anni.
Dicevamo delle spese non esigue ed in effetti il mercato delle caldaie a biomassa anche di piccola taglia indica costi pari a varie migliaia di euro. Tuttavia la legge ci indica altresì che la costruzione di un impianto di produzione di energia, come in questo caso alimentato da biomasse di vario tipo, si avvale dell’applicazione dell’IVA in misura ridotta al 10% e lo stesso trattamento è applicabile ai contratti di appalto mirati all’ampliamento degli impianti stessi.
Attenzione però: si tratta comunque di norme che costituiscono una vera e propria eccezione alla disciplina IVA ordinaria e che si applicano soltanto ai casi espressamente previsti (per quanto qui interessa, agli impianti a biomassa). In particolare per l’acquisto con aliquota Iva agevolata dei beni usati per la realizzazione degli impianti a biomassa è imposto il rilascio da parte dei committenti di dichiarazioni ad hoc, che certifichino la destinazione d’uso.
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