Il licenziamento è nullo quando il datore di lavoro commette questo errore

La legge prevede diversi casi per i quali il licenziamento è nullo. Oggi vedremo il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

I lavoratori portatori di handicap in base alla Legge 104 possono essere licenziati, se superano i giorni di comporto. Ci stiamo riferendo alle assenze causate dalla malattia legata al proprio stato di invalidità.

Il licenziamento è nullo, quando il datore di lavoro commette questo errore

Ogni contratto collettivo nazionale prevede un periodo di comporto, che permette ad un lavoratore di assentarsi per malattia. Nel caso di lavoratori dipendenti con Legge 104 il numero di giorni disponibili è essere maggiore, ma non è così per i lavoratori disabili non gravi.

Secondo quanto stabilito dal Tribunale di Verona in un’ordinanza del 22 marzo 2021, non è possibile licenziare un lavoratore disabile per il superamento del periodo di comporto calcolato includendo anche i periodi di malattia ordinaria.

Inoltre, è da considerarsi nullo il licenziamento che si basa sull’applicazione del CCNL. Nel caso in cui questo non preveda un periodo di comporto per il lavoratore disabile, differente rispetto ad un collega senza handicap.

Il licenziamento è nullo: la sentenza che ha fatto storia

È considerato discriminatorio il comportamento del datore di lavoro che riconosce lo stesso periodo di comporto sia ai dipendenti disabili che a quelli senza disabilità. La sentenza che fatto storia parte da un licenziamento.

Il lavoratore in questione aveva subito un licenziamento per aver accumulato un numero di giorni di assenza per malattia, superiore rispetto a quello concesso dal CCNL. Insomma, si era verificato il superamento del cd periodo di comporto.

Il dipendente licenziato ha presentato ricorso facendo appello alla giurisprudenza europea e nazionale. Secondo le quali: rappresenta una discriminazione indiretta, prevedere lo stesso periodo di comporto tanto per i lavoratori portatori di handicap che per quelli senza disabilità.

La previsione in questione è definita neutra, ma introduce una disparità di trattamento nei confronti dei lavoratori portatori di handicap. Questi ultimi sono, da un punto di vista statistico, più soggetti ad assenze per malattie rispetto ai colleghi senza disabilità.

Per queste ragioni, il Giudice ha stabilito che il periodo di computo fissato dal contratto collettivo non fosse sufficiente ad evitare il rischio di discriminazione.

In particolare, nei CCNL generalmente sono indicati i periodi di computo riconosciuti ai soggetti affetti da una condizione di disabilità grave, secondo quanto stabilito dalla Legge 104. Tuttavia, queste disposizioni escludono tutti quei lavoratori che, pur essendo portatori di handicap, non sono considerati in “condizioni di gravità”.

Inoltre, il contratto si esprime sui permessi utili ad effettuare delle terapie inerenti alla disabilità del lavoratore. Ma non fa riferimento ai giorni per malattia, in senso stretto.

Come deve comportarsi il datore di lavoro

In base alla disciplina antidiscriminatoria, è stato stabilito che il datore di lavoro debba tenere conto della situazione di svantaggio che affligge il lavoratore con handicap. Per questo motivo, è suo compito, adottare un atteggiamento non discriminatorio, valutando le soluzioni ragionevoli che servono a non estromettere alcun dipendente dal contesto lavorativo.

Alla luce di quanto detto, il Tribunale di Verona nell’Ordinanza del 21 marzo 2021 ha stabilito la nullità del licenziamento che provoca una discriminazione indiretta tra dipendenti.

In particolare, è stato ritenuto discriminatorio il comportamento del datore di lavoro che applica la medesima previsione del contratto collettivo per il conteggio del periodo di comporto, sia per i lavoratori disabili che per quelli non disabili.

Gestione cookie