Trump porta avanti la sua decisione politica di attuare un protezionismo smoderato: quali sono i riflessi che si avranno su scala globale
Il protezionismo promosso da Donald Trump durante la sua campagna elettorale già al tempo aveva suscitato un dibattito acceso, non solo per le sue implicazioni economiche immediate, ma anche per ciò che avrebbe rappresentato in termini di cambiamento delle politiche economiche globali.

Gli obiettivi principali del protezionismo annunciato includevano: proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera, garantire la sicurezza economica e nazionale, promuovere l’occupazione interna e correggere squilibri commerciali con altri Paesi.
Già in passato abbiamo esplorato come l’approccio protezionistico di Trump sia stato percepito come un ritorno a pratiche economiche di altri tempi, una risposta propagandistica che mirava a conquistare un elettorato insoddisfatto. Tuttavia, c’è un aspetto più profondo e strutturale che merita attenzione: i dazi non sono semplicemente uno strumento di propaganda, ma un segnale della fine della fiducia cieca nel neoliberismo e nella mano invisibile del mercato.
Un cambio di paradigma economico mondiale
La crisi finanziaria del 2007-08 ha rappresentato un punto di svolta cruciale per le politiche economiche globali. L’approccio deregolamentato e liberista, che per decenni aveva dominato le economie occidentali, aveva ormai mostrato i suoi limiti. La fragilità del sistema bancario ha portato a riforme significative nella regolamentazione finanziaria: requisiti di capitale e liquidità più stringenti, che potessero dar più regole a prestiti e mutui per evitare nuove bolle speculative.

Con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, questo cambiamento ha assunto una forma ancora più radicale. Si poteva parlare già di una guerra commerciale con la Cina, caratterizzata da dazi punitivi. Ad oggi si torna a parlare di nuove politiche di protezionismo: solo accordi bilaterali, dazi più alti, sostegno alle aziende e alle produzioni interne: una strategia economica che ha detto addio al sistema multilaterale di commercio internazionale.
La pandemia da Covid-19 e l’invasione russa dell’Ucraina hanno ulteriormente trasformato le priorità economiche globali. Le due variabili su cui puntare prima di tutto il resto: sicurezza nazionale e resilienza economica. Se la globalizzazione aveva fallito già ormai da tempo, ad oggi si può dire che gli Stati hanno iniziato a ripensare a sé con politiche protezioniste e mirate a salvaguardare la microeconomia interna. Janet Yellen, Segretaria del Tesoro degli Stati Uniti, ha definito questa nuova fase come “moderna economia dell’offerta”, che crea incertezza, perché non si hanno ancora valutazioni sulla sua efficacia a lungo termine.
Verso una nuova era economica che dice addio alla mano invisibile del mercato
La politica economica si sta evolvendo. È già possibile notare come la nuova fase abbia superato le tradizionali dicotomie tra protezionismo e neoliberismo. Ad oggi le politiche sono tutte volte a un’indipendenza Nazionale e a una relativa crescita interna, come la Cina che mira all’indipendenza tecnologica.
Ma quale sarà l’impatto a lungo termine di tutte queste strategie? I cittadini ritroveranno realmente un benessere? Sembra di star ricostruendo le fondamenta politiche, questa volta basate su una nuova economia molto rigida, poco flessibile e sempre più mirata. Ora resta da capire come ci si muoverà in questo senso, e soprattutto come reagiranno man a mano i vari Stati minori.