La Banca Centrale Europea manca ancora i suoi obbiettivi sulla stabilità dei prezzi. L’inflazione tedesca rallenta ma rimane superiore alle aspettative.
L’inflazione annuale tedesca ha rallentato a gennaio, ma è stata ancora superiore alle attese dagli analisti e ben al di sopra dell’obiettivo del 2% stabilito per la zona euro.
L’ufficio federale di statistica tedesco ha mostrato i dati sui prezzi al consumo, aumentati ancora a gennaio del 4,9% su base annua. Il calo risulta quindi in un rallentamento della crescita rispetto al dato di dicembre pari al 5,3%.
La Germania rappresenta il paese al cuore dell’economia europea, questo influisce sulle aspettative degli investitori per tutti i paesi dell’area euro, nonché sulla forza della stessa valuta. Sembra chiaro oggi come la ripresa economia sia ostacolata dall’inflazione nonché dai colli di bottiglia della catena di approvvigionamento e dagli alti prezzi dell’energia.
In considerazione delle gravi tensioni geopolitiche con la Russia, è difficile oggi scommettere calo dei prezzi dell’energia e di conseguenza su una mitigazione dei prezzi della maggior parte dei beni.
Nel settore energetico gennaio è stato un mese eccezionale per i prezzi del petrolio. I cento dollari al barile potrebbero non essere troppo lontani. Questo in quanto l’offerta dei paesi OPEC + difficilmente riuscirà a compensare la domanda e la lievitazione dei prezzi frutto anche in parte della speculazione.
L’inflazione della zona euro ha raggiunto il 5% il mese scorso, rappresentando il dato più alto mai registrato. La BCE che si riunirà giovedì prossimo, non sembra avere in serbo alcuna mossa politica in quanto la banca ha già presentato un complesso pacchetto di misure a dicembre. La Banca Centrale Europea si aspetta che l’inflazione torni a coincidere con l’obbiettivo del 2% sia nel 2023 che nel 2024.
I prezzi di riferimento del rame sono stati influenzati dalla debolezza del dollaro e dalle rassicurazione della Federal Reserve che ha dissipato i timori degli investitori sull’assenza di un rapido ritorno a una stretta monetaria. Il rame a tre mesi sul London Metal Exchange è salito dello 0,3% a 9.530,50 a tonnellata, dopo un calo del 2,2% a gennaio, sotto la pressione della forza del dollaro e delle preoccupazioni per le prospettive delle politiche della banca centrale USA.
I tassi di interesse statunitensi più elevati potrebbero ridurre la liquidità nei mercati finanziari e ostacolare le prospettive di ripresa economica globale, influendo negativamente sulla domanda di metalli.
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I prezzi dell’oro stanno trovando un nuovo equilibrio anche se permane un sentiment rialzista. Questo potrà accelerare sui prossimi dati macroeconomici dell’economia USA o sull’instabilità date dagli eventi geopolitici come la crisi tra Ucraina e Russia.
Le quotazioni dell’oro XAU / USD che hanno superato 1.800 dollari all’oncia vedono i trader posizionarsi su quelli che saranno i principali eventi settimanali in calendario. Tra questi l’indice manifatturiero USA e il Nonfarm payrolls, il dato sulle buste paghe del settore non agricolo.
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