Quello che stiamo attraversando è un momento fatidico della guerra, forse il più rischioso da quando è esplosa. Putin naviga a vista, sempre che non si sia già perso.
Gli ucraini hanno lanciato la controffensiva sul terreno di scontro, mentre le insidie economiche mettono a repentaglio le certezze del colosso russo.
Di fronte a una tale prospettiva le reazioni del gigante sono imprevedibili, con ampi margini di pericolosità.
La guerra procede, questa è un dato di fatto. Ma ve ne è anche un altro. Nessuno, da mesi, accenna anche minimamente a trattati di pace. Vi sono delle ragioni specifiche?
La guerra procede, i trattati no, quale la ragione?
Intavolare negoziati a oggi non interessa né gli ucraini né tantomeno gli Usa, che sebbene non partecipino sul campo alle ostilità detengono il pallino dello scontro.
Da Washington, alla luce dello stato di cose attuale, pare che nessuno abbia impazienza di accomodarsi al tavolo assieme a Vladimir Putin. Anzi, l’idea sarebbe proprio quella di costringere l’autocrate russo, annichilito militarmente ed emarginato e in deficit dal punto di vista economico, a dover invocare un armistizio per tutelare quanto possibile, ovvero il suo governo.
D’altro canto, lo scenario alternativo potrebbe mettere i brividi: il rischio di un vero e proprio colpo di coda, un all in che danneggerebbe ogni protagonista in scena.
Le ultime dal campo di battaglia
Di fronte all’avanzare delle forze ucraine, con ogni probabilità alle truppe russe è stato lanciato l’ordine di ritirarsi dalle zone occupate nella regione di Kharkiv, a ovest del fiume Oskil, un’area in cui hanno resistito voci isolate di opposizione.
Da circa una settimana l’Ucraina ha recuperato un territorio equivalente quantomeno a il doppio del territorio di Greater London. Notizie che giungono dal recente report di intelligence del ministero della Difesa di Londra. Sempre stando all’ultimo aggiornamento, nel sud, nei pressi di Kherson, i russi starebbero penandosi per far ricevere le riserve essenziali tramite la via del Dnipro fino al solco del fronte.
Come cambiano gli umori nel corso di una guerra
I trionfi a ripetizione dell’esercito ucraino incidono e non poco sui piani operativi dei russi, oltre che su un piano meramente emotivo. È presumibile come la gran parte delle truppe in azione in Ucraina sia obbligata a cambiare radicalmente le proprie priorità. Per gli uomini di Putin ora la preminenza è l’organizzazione di strategie difensive e straordinarie. Intanto i vertici militari russi perdono progressivamente appeal sui loro sottoposti, il rischio ammutinamenti è sempre concreto.
Solo l’ultimo giorno di guerra ha visto gli ucraini mettere in fuga i nemici da almeno una ventina di centri abitati. News comunicate dallo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine in un post pubblicato su Facebook, nel quale si afferma il procedere del processo di
liberazione degli insediamenti nelle regioni di Kharkiv e Donetsk.
Intanto, basandosi su quanto comunicato dall’intelligence del ministero della Difesa ucraino, Putin avrebbe sostituito il comando del Distretto militare occidentale, forse proprio a seguito delle recenti sconfitte e dei successivi disordini. Capro espiatorio e bersaglio dell’autocrate, il tenente generale russo Roman Berdnikov. Un personaggio che in ogni caso vantava un discreto curriculum, avendo preso parte alle operazioni militari russe in Siria ed essendo stato appunto nominato comandante nel distretto ucraino lo scorso 26 agosto.
La guerra dell’energia
Mosca vede moltiplicarsi le complessità legate a questa guerra. Innanzitutto quelle in prospettiva militare, con l’Ucraina che riceve costantemente il sostegno bellico ed economico della coalizione occidentale. Seguono ora le prime evidenti grane sul versante economico. La Russia sta per dire addio al suo cliente storico e per eccellenza in quanto a export del gas.
Sebbene i quadri statali russi insistano a delineare un contest del Paese florido e in ascesa, l’ultima analisi portata avanti da cinque studiosi dell’Università di Yale ha rivelato quanto il mix delle assenti entrate relative alle esportazioni, delle conseguenze connesse alle sanzioni e alla chiusura di innumerevoli società occidentali stia praticamente affossando le risorse finanziario del Cremlino.
Scholz è convinto che Putin abbia fatto male i conti. Se l’Unione Europea man mano si asterrà dal ricorso al gas russo entro un quinquennio, non saranno sufficienti i gasdotti verso Cina e India a supplire le vendite europee. E i ricavati, stando alle previsioni, andranno riducendosi di almeno due terzi, in uno Stato che fa affidamento su gas e petrolio.
Congiuntura cruciale e pericolosa
Putin è ormai alle strette. Anche sul fronte interno non sembrerebbe cavarsela meglio, come nei migliori contesti autocratici. Del resto, come evidenziato con puntualità da Domenico Quirico nelle righe del suo articolo di fondo su La Stampa siamo di fronte al momento cruciale e più pericoloso dall’inizio del conflitto.
Quella a cui assistiamo non è una guerra proverbiale, ma un confronto tra protagonisti atomici.
Solo fino a pochi giorni fa le potenzialità per un trionfo di Putin ancora reggevano. Sebbene i suoi uomini non avanzassero minimamente e le sfuriate sulle metropoli ucraine apparissero più come una malconcia dichiarazione di inerme vendetta che come una vera e propria pianificazione bellica.
Fin a quel momento all’autocrate russo si sarebbe pure potuto accontentare: un pugno di terre occupate a suon di sangue e dispendi di ogni sorta per attestare coma la Russia avesse contrastato l’offensiva non tanto dei padroni di casa quanto del ricco mondo occidentale ma dei quaranta Paesi più ricchi del mondo. Una simbolica resistenza all’“imperialismo”.
Il deterrente che diventa arma, cosa si rischia?
Attualmente i margini di una vittoria putiniana non sussistono più. Nulla potrà condonare gli orribili crimini commessi.
In questo senso il tanto discusso deterrente di ieri potrebbe divenire l’arma concreta di oggi, una alla stregua di tante altre. L’atomica come jolly del mazzo, una sorta di tutto per tutto per mischiare le carte in tavola e non essere ricordato dalla storia come un criminale ma soprattutto un vinto.
Le prossime settimane saranno decisive, non possiamo far altro che attendere e sperare che quell’all in non sia altro che il bluff di un vinto.