Quali sarebbero le conseguenze in Italia se si chiudesse con il gas russo? Le previsioni su occupati e Pil nel Documento di economia e finanza
Tiene banco l’attualità e si continua a riflettere sull’ipotesi stop al gas russo, ma quali sarebbero le conseguenze in Italia? Cosa emerge dal Documento di economia e finanza licenziato dal CdM, le previsioni su occupati e Pil. I dettagli al riguardo.
La frase del Presidente del Consiglio Mario Draghi è stata più volte riportata e ha catturato l’attenzione di molti, ovvero quella inerente alla domanda se vogliamo la pace oppure restare col condizionatore acceso in estate. Come viene spiegato nell’approfondimento da Libero Quotidiano, si tratta di una affermazione, quella del Presidente, la cui risposta potrebbe sembrare abbastanza scontata.
Tuttavia, si legge, guardando il Documento di economia e finanzia licenziato dal Consiglio dei Ministri, ci si accorge che la posta in gioco e le ipotesi sulle conseguenze qualora vi fosse l’intenzione di chiudere con il gas russo, sarebbero diverse.
Viene spiegato che si dovrebbe dire addio quasi seicento mila occupati e a circa settanta cinque miliardi di Pil. Su quale potrebbe essere il conto molto salato da pagare è il Ministero dell’Economia, riporta Libero Quotidiano, che proprio nel Def fornisce alcune simulazioni nel dettaglio circa quello che potrebbe essere l’effetto che la carenza di metano avrebbe sulla economia italiana.
I vari temi a diversi livelli che hanno a che fare con l’economia destano attenzione ed interesse generale, e sono tante le questioni che per l’appunto fanno discutere e riflettere, si pensi ad esempio ai mutui e ai tassi previsti che sono in aumento a causa dell’inflazione.
Rispetto al tema in oggetto, come detto approfondito da Libero Quotidiano, si legge che gli esperti di Via XX Settembre hanno approfondito due possibili scenari, il primo dei quali si sofferma e ipotizza una sostituzione parziale dei ventinove miliardi di metri cubi di gas che provengono da Mosca, mentre il secondo ipotizza il quaranta per cento del fabbisogno italiano totalmente scoperto.
Rispetto agli ipotetici impatti, nel primo caso questo sarebbe corposo ma tutto sommato sostenibile; la riduzione del Pil, rispetto al quadro tendenziale a politiche invariate, sarebbe dello 0,8% nel 2022 e dell’1,1 nel 2023, nel totale si attesterebbe a 34 miliardi. Per quel che riguarda i posti di lavoro, questi calerebbero dello 0,6 e dello 0,7 per cento. Nei due anni, l’impatto sarebbe all’incirca di trecentomila unità.
Quale lo scenario qualora ad esempio la Russia decidesse di chiudere le proprie forniture già questo mese e l’Italia non riuscisse a sopperire con il gas naturale liquido e l’aumento dei flussi dagli altri gasdotti? Su Libero Quotidiano si legge che la caduta del Pil si attesterebbe al 2,3% quest’anno e a 1,9% nel 2023. Il cumulo delle due stangate sarebbe di più di 75 miliardi. Intenso e forte sarebbe anche l’impatto circa il mercato del lavoro, con 299 mila posti in meno quest’anno, ovvero 1,3% in meno, e 273 il prossimo, ovvero meno 1,2%.
Nel totale, le stime in tale scenario circa i posti di lavoro indicherebbero un impatto di 572 mila. Viene spiegato che in tempi normali, il Paese potrebbe anche gestire una situazione come quella dello scenario, ma il tutto andrebbe però inserito in un contesto già molto negativo. Anche con il gas russo, l’Italia deve fronteggiare la situazione inerente l’inflazione alta e i rincari delle materie prime che stanno mettendo in difficoltà imprese e famiglie. In questo scenario, la previsione tendenziale del PIL circa il 2022 calerebbe dal 4,7% programmatico della Nadef al 2,9%, dal 2,8% al 2,3% rispetto al 2023.
Qualora si aggiungesse l’ipotesi stop al gas russo, il PIL di quest’anno calerebbe allo 0,6%. Un calo di più di 4 punti percentuali, all’incirca più di 72 miliardi che sarebbero bruciati in dodici mesi.
Rispetto alle previsioni in questione, come si legge su Libero Quotidiano, una ipotetica chiusura dell’anno con 0,6% significherebbe anche, tenendo in considerazione anche la rincorsa già avuta con il buon risultato del Pil del 2021 count +6,6%, che la crescita nell’anno corrente, emerge dal Def, “sarebbe nettamente negativa“. Un ingresso in recessione, spiega Libero Quotidiano. E non è tutto, poiché la rinuncia al gas avrebbe come conseguenza anche il ricorso inevitabile ad alta interventi in deficit e, di conseguenza, un peggioramento dei saldi in bilanci.
Il ministro Franco nel Def scrive che è evidente che “a un simile scenario si risponderebbe con una manovra di sostegno all’economia più robusta di quella ipotizzata nello scenario programmatico”.
Uno scenario, tratteggiato dal governo in assenza di altri imprevisti e tenendo conto dell’effetto leggermente espansivo del Def, che, si legge, non permette grande festeggiamenti, poiché il PIL nel 2022 viene previsto al 3,1%, dunque 1,6 punti percentuali al di sotto delle previsioni dell’autunno scorso.
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