Multinazionali tassate al 15%: quanto ci guadagna l’Italia?

Abbiamo forti convinzioni riguardo a quale sia il modo migliore in cui dovrebbero andare le cose, dal modo in cui funziona la società a quello in cui lavora l’economia, ma fintanto che non cominceremo a testare queste convinzioni, non capiremo mai quale possa essere la soluzione migliore.

Bandiere paesi G7

Tutto potrebbe essere migliore se solo cominciassimo, sia individualmente che collettivamente, a sperimentare sistematicamente le nostre convinzioni.

È quello che hanno provare a fare ultimamente i ministri delle finanze del G7 riuniti a Londra, che sono riusciti a trovare un accordo storico, uscendo dalla logica della competizione e dell’intervento minimo dello Stato, decidendo di lavorare sul principio di versamento delle imposte delle multinazionali, stabilendo che esse paghino un’aliquota minima del 15%. La proposta di legge si riferisce a tutte quelle realtà che operando nei rispettivi paesi membri del G7, hanno la propria sede legale nei paradisi fiscali o in territori con una forte agevolazione sulle imposte.

Affinché il principio entri in vigore la strada è ancora piuttosto lunga, tuttavia i sette grandi paesi riuniti a Londra comprendenti Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Giappone, hanno voluto creare delle premesse di cambiamento e di vicinanza, a tutte quelle persone che hanno risentito più di altre delle perdite economiche dovute alla recente crisi sanitaria.

L’iniziativa sulla tassazione dei G7 ha una sua funzione politica?

L’ottimismo segna anche una particolare sinergia tra i governi di paesi molto diversi tra loro, quasi a inaugurare una stagione di politiche fatte di strategie per un ritorno a quel processo di globalizzazione che sembrava essersi invertito almeno negli ultimi cinque anni, incentrato questa volta su una reciprocità e un’armonia di tipo legislativo in un’ottica di governance globale, almeno per quanto concerne tutto ciò che riguarda gli effetti e le sorti dei popoli al di là dei propri confini nazionali.

Quella che sembra l’agenda politica mondiale, punta adesso a sciogliere un nodo divenuto particolarmente significativo, dati gli squilibri economici fonte di preoccupazioni, circa il modo e tempi in cui potrà avvenire la ripresa economica.

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Tassazione delle multinazionali: i vantaggi per l’Italia

Anche il presidente del consiglio italiano Mario Draghi ha accolto con entusiasmo la notizia. L’accordo è un primo passo che ha soprattutto un peso politico, al fine di armonizzare la tassazione delle imprese a livello internazionale, nonché dare un segnale a livello nazionale dell’equità di trattamento della lotta all’evasione fiscale.

Sebbene questa nuova normativa potrà essere operativa soltanto fra qualche anno, pesa sicuramente sulla decisione il polverone sollevato dalla notizia relativa a Microsoft, che per mezzo di una sussidiaria con sede in Irlanda ha potuto legalmente realizzare nel 2020 un profitto pari a 315 miliardi di dollari, senza versare neanche un centesimo di imposte.

La notizia, a fronte dei profusi impegni in campo sociale delle società a scopo benefico fondate da Bill Gates, suona come una stridente incoerenza, soprattutto in questo momento storico, in cui le nazioni europee lottano quotidianamente con margini stringenti di spesa, anche a fronte degli aiuti economici, che dovranno comunque essere riassorbiti per mezzo della tassazione.

Secondo l’osservatorio fiscale europeo, l’organismo inaugurato il primo giugno al fine di offrire una consulenza al parlamento europeo in materia di elusione e di pianificazione fiscale, ha stimato che il gettito fiscale per l’Italia con una tassazione vicina al 15% si attesterebbe a 2,7 miliardi di euro all’anno, mentre con una tassazione al 21% salirebbe a 7,6 miliardi. In entrambi i casi si avrebbe un grande beneficio per le pubbliche finanze, con l’aliquota minima proposta che sarebbe pari all’otto percento del valore medio delle ultime manovre finanziarie.

Come hanno reagito le multinazionali alla proposta di aliquota minima internazionale?

Con l’introduzione di questo sistema di tassazione internazionale, i paesi potranno tornare a beneficiare dell’emersione dei contributi di quelle realtà multinazionali, che soprattutto in aziende nel settore tecnologico come Amazon, Facebook, Google, divenute spesso simbolo di inequità, che hanno visto notevolmente incrementati i propri introiti a causa delle distorsioni selettive dei lockdown.

Le multinazionali sembrano tuttavia avere accolto positivamente l’iniziativa, in quanto può determinare un passo avanti nella semplificazione degli scambi economici e commerciali tra differenti paesi, in un’ottica di armonizzazione legislativa dei diversi sistemi economici e fiscali.

L’iniziativa economica per un simile accordo sembra arrivare proprio dagli USA, per voce dell’attuale segretario del tesoro Janet Yellen, che già nel 2020 aveva inviato una proposta di ventuno pagine ai Paesi del G20 al fine di introdurre un’imposta minima globale pari al 21%.

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L’idea è stata accolta positivamente soprattutto nell’ottica di adeguare il fisco e le legislazioni dei paesi, alla smaterializzazione dell’economia e alle nuove possibilità di elusione proprie delle transazioni digitali. Oltre a questo, viene portato avanti in modo indiretto il rafforzamento del progetto per la transazione ecologica voluta sopratutto da Europa e Stati Uniti, in quanto le aziende saranno obbligate a dichiarare ufficialmente i livelli di impatto ambientale legato al loro giro d’affari.

Le economie europee vogliono arrivare al vertice del G20 che si terrà a luglio, con una stesura quasi completa di quelle che saranno le idee da portare sul tavolo, per essere approvate in ambito internazionale. La volontà è quella di coinvolgere anche quei paesi come Russia e Cina, che hanno un ruolo sempre più importante nello scenario politico ed economico attuale. Essi devono essere necessariamente inclusi se si vuole portare avanti con successo uno sforzo di carattere globale.

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