L’intervento dello Stato in economia comporta dei risvolti che estendono i loro effetti su tutte le parti strutturali del sistema fino a coinvolgere il prezzo del denaro.
Uno dei capisaldi che determinano i principi dell’intervento sono quelli relativi all’influsso diretto sulla variazione della spesa pubblica e la modificazione delle imposte.
Conseguenza di ciò l’aumento di quelle risorse in grado di massimizzare il benessere per il numero più alto degli individui. Cercando di aumentare contestualmente l’efficienza nell’allocazione delle risorse nell’economia. Le politiche economiche cercano di puntare a massimizzare il beneficio, conseguendo da un lato il ripristino delle condizioni occupazionali e dall’altro contenendo i livelli di inflazione e quindi del costo del denaro. Limitando gli effetti negativi sulle due variabili per mezzo dei valori che ottimizzano le possibili combinazioni.
Quale è la differenza tra la politica economica e la politica fiscale?
A partire almeno dagli anni ‘90 si diffuse l’adozione di politiche atte ad affidare alle banche centrali il monitoraggio e l’aggiustamento dei livelli di inflazione, con il compito di contenere all’interno di alcuni parametri qualitativi, la disoccupazione e l’inflazione. Ritenendo sufficienti questi strumenti di politica monetaria, si consentì che il concorso dell’iniziativa privata ne affiancasse e sostenesse gli esiti, equilibrandoli con il suo contributo, aumentando l’efficienza e la concorrenza dell’industria e del mercato del lavoro.
Sia la politica fiscale sia la politica monetaria sono politiche economiche, ossia interventi pubblici sull’economia del paese. La politica fiscale è uno strumento utilizzato dai governi al fine di influenzare il livello di spesa in termini consumi e investimenti da parte delle famiglie, delle imprese e del settore pubblico. Questo avviene quando la politica monetaria risulta inefficace, per esempio quando il tasso di interesse o costo del denaro risultano già ampiamente scontati e non è più possibile ricorrervi per influenzare i servizi tramite i quali è possibile erogare e ricevere prestiti.
Le differenze nelle politiche delle banche centrali
Dalla grande recessione del 2008 è risultato evidente l’effetto e il contribuito economico che la banca centrale degli Stati Uniti, la Federal Reserve, ha avuto sugli esiti della crisi nel paese. Prima di allora le politiche neoliberiste avevano favorito il concorso dell’iniziativa privata e delle politiche fiscali, atte ad agevolare lo sviluppo economico, favorendo al contempo il protrarsi di alcuni squilibri in campo finanziario e creditizio. La Federal Reserve venne istituita negli Stati Uniti agli inizi del 1900, nel corso del tempo i suoi obbiettivi e le sue politiche si sono evolute, attualmente il suo compito principale è quello di garantire la stabilità dei prezzi, mantenendo i tassi di inflazione sempre vicini a un limite intorno al 2%.
Gli altri compiti affidati a questa importante istituzione sono, oltre alla conduzione della politica monetaria, la vigilanza sul rispetto delle norme degli istituti di credito, a protezione della solidità del sistema finanziario, compresi i diritti di tutti coloro che usufruiscono dei servizi erogati. In questo modo si può contenere il rischio sistemico, evitando che eccessi speculativi possano mettere a rischio di insolvenza le banche, nonché fornire servizi di consulenza alle istituzioni del paese e in primo luogo al governo degli Stati Uniti.
Le politiche messe in atto dalle banche centrali agiscono sul mantenimento di buoni livelli occupazionali e al contempo cercano di stabilire una bassa inflazione. Tuttavia, generalmente, quando la disoccupazione è bassa, l’inflazione tende a salire, mentre quando la disoccupazione è alta l’inflazione tende a diminuire. Un’elevata occupazione tende a incidere sul prezzo dei beni, a causa della crescente domanda, aumentando indirettamente il costo del lavoro in quanto l’offerta di lavoratori disponibili è minore e diventa più difficile da parte dei datori di lavoro e delle aziende, impegnare un lavoratore nelle le stesse mansioni a parità di salario.
Oltre a queste variabili vi sono elementi di carattere strutturale, come i prezzi delle materie prime, in particolare il costo dell’energia, che possono causare un aumento sia dell’inflazione che della disoccupazione.
L’influenza dei tassi di interesse sul Forex
Le banche centrali hanno da sempre molta influenza sull’andamento del mercato Forex, essenzialmente in due modi. Il primo consiste nel creare delle variazioni della base monetaria, attraverso l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari rappresentativi di crediti come i titoli di stato o altri tipi di obbligazioni, nonché direttamente per mezzo della liquidazione di riserve in valuta estera contro la valuta nazionale.
Il secondo modo consiste nel modificare il tasso di interesse TUS, che è il tasso ufficiale di sconto, il cosiddetto tasso interbancario, ovvero il tasso di interesse a cui le banche possono prestarsi tra loro denaro. Su questa base vengono determinati a loro volta i tassi di interesse applicati dalle banche ai prestiti effettuati alla clientela. È evidente quindi che quando il tasso interbancario aumenta siamo in presenza di una disponibilità minore di liquidità, in relazione a questo la valuta di riferimento può venire coinvolta da un aumento del suo valore, variando quindi conseguentemente nel mercato Forex.
Diversamente, quando la Banca Centrale diminuisce i tassi di interesse TUS si avrà una maggiore disponibilità di credito e un conseguente aumento degli investimenti e indirettamente dei consumi, e una diminuzione del costo del denaro.
Il tasso interbancario è anche responsabile per quelli che nel trading vengono indicati comunemente come swap, elencati come costi sulle operazioni che vengono mantenute aperte oltre la chiusura della giornata di contrattazioni, venendo aggiustate secondo il tasso di interesse che è proprio quello interbancario, influendo sul valore della nostra operazione come un vero e proprio pagamento di interessi.