Fondi pensione, arriva l’allarme del presidente della Covip circa la copertura previdenziale del cd fasce deboli: ecco di che cosa si tratta
Tema fondi pensione, rendimenti più alti del TFR, il presidente della Authority Padula lancia l’allarme a proposito della copertura previdenziale delle cosiddette fasce più deboli: la fotografia della situazione e alcuni dettagli al riguardo.
Ha resistito alle conseguenze della pandemia ed è anche riuscito a far registrare tassi di crescita simili a quelli inerenti il periodo prima dell’arrivo del Covid, il sistema di previdenza complementare ha concluso il 2021 con 8,8 milioni di iscritti, in aumento del 3.9% in confronto al 2020, anche se nel 27.2% dei casi, 2,4 milioni, non vi sono stati fatti versamenti di contributi.
A spiegarlo nel proprio approfondimento è Il Sole 24 Ore, il quale spiega anche che lo scorso anno, circa le “forme integrative”, il risparmio previdenziale ha toccato quota 213,3 miliardi, in crescita del 7.8%, e i redimenti sono risultati quasi in toto più alti della rivalutazione del 3,6%, al netto delle tasse, fatta registrare dal TFR. 4.9% e 6.4%, rispettivamente, per i fondi negoziali e aperti; 11% circa i piani individuali pensionistici “nuovi” di ramo III; 1.3% riguardo le gestioni separate di ramo I.
Il presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) Padula, nelle proprie “considerazioni”, si legge, circa la relazione annuale inerente l’attività sconto l’anno scorso dalla Authority, lancia l’allarme per quel che concerne alcuni rischi legati alle ricadute del conflitto tra Russia e Ucraina e circa i cambiamenti del contesto macroeconomico e sociale.
A partire da quello inerente l’allontanamento di giovani, donne e lavoratori del mezzogiorno, dunque i soggetti più fragili rispetto al tema occupazionale, dalla prospettiva delle scelte di lungo termine, come quelle circa l’ambito della previdenza complementare. In tal senso, il presidente, viene spiegato, lancia una proposta circa la trasformazione degli attuali incentivi fiscali previsti per l’adesione ai fondi pensione, in interventi finanziati da destinare alle categorie più deboli. E ancora, secondo Padula, occorrerebbe andare oltre il vincolo che prevede la permanenza automatica del Tfr non devoluto alle “forme complementari” nelle imprese con meno di cinquanta addetti.
Andrebbe poi dato avvio ad una nuova fase di silenzio-assenso circa il medesimo Tfr, ma in una forma riveduta e corretta, oltre all’ampliamento del modello dei fondi negoziali di settore “nella direzione di un sistema di welfare integrativo integrato”.
Sono tanti e diversi i temi inerenti a vario livello l’economia che, in generale, possono destare attenzione e suscitare interesse, come nel caso delle pensioni e conguaglio 730 ad esempio: cos’è, come funziona, come averlo.
In merito al tema in oggetto, come viene approfondito da Il Sole 24 Ore, le forme pensionistiche integrative si riducono, si legge, 349 nel 2021 risultavano presenti in Italia, di cui 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 72 Pip e 204 fondi preesistenti. Più 20 anni fa, si legge, le forme pensionistiche integrative erano più del doppio.
Per quanto riguarda i fondi, gli iscritti sono arrivati ad essere 8,8 milioni con un +3.9% rispetto al 2020, per un tasso di copertura del 34.7% sul totale delle forze di lavoro. Come indicato da Covip, le posizioni in essere solo 9.7 milioni, tra cui doppie o multiple, che fanno capo all’iscritto medesimo. I fondi negoziali contano di 3,4 milioni di iscritti, quasi 1.7 milioni sono le adesioni a fondi aperti e 3.4 milioni ai Pip “nuovi”. Per quanto concerne quelli preesistenti, gli scritti sono all’incirca 620 mila.
Per quel che concerne la distribuzione per età, Il Sole 24 Ore spiega che, come in passato, si nota la predominanza delle classi intermedie e più vicine al pensionamento. E dunque il 50.3% degli iscritti a fondi pensione ha una età che va tra i 35 e 54 anni, il 31.9% ha almeno 55 anni e soltanto il 17.8% ha meno di trentacinque anni.
Come affermato dal presidente Padula, la percentuale della fascia più giovane è cresciuta soltanto di 0.4 punti percentuali mentre si è notato un progressivo spostamento dalle classe di età centrali verso quelle più anziane, cresciute di circa 6 punti percentuali. Ad essere confermata è anche la maggior adesione alla previdenza complementare dei lavoratori di Regioni del Nord, il 57% degli iscritti infatti risedé nelle regioni settentrionali, si legge.
In merito alle risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari, queste hanno toccato i 213,3 miliardi di €, un +7.8% rispetto al 2020. La Covip sottolinea che si tratta di un ammontare pari al dodici per cento del PIL e al 4.1% delle attività finanziare delle famiglie italiane.
I dati riportati nella relazione circa le Casse di previdenza sono quelli inerenti le attività “detenute” nel 2020, che, a valori di mercato, ammontano a 100,7 miliardi e risultano essere in crescita di 4.7 miliardi in confronto con l’anno precedente. La Commissione sottolinea che dal 2011 al 2020 tali attività sono cresciute, complessivamente, di quarantacinque miliardi, ma si sottolinea anche che “a fronte di una sostenuta dinamica di crescita nell’aggregato, permangono differenze, anche ampie, nelle attività detenute dalle singole casse: circa il 74% dell’attivo è di pertinenza dei cinque enti di dimensioni maggiori, i primi tre raggruppano circa il 55% del totale”.
Circa il flusso dei contributi, questo è tornato a salire con una andatura simile a quella inerente il periodo pre-pandemia; nel 2021 ad essere incassati sono stati 17.6 miliardi: 5.8 afflitti ai fondi negoziali (+5.5%), 2,6 a fondi aperti (+12.7%), 4,9 ai Pip (+6.8%), 4 a quelli preesistenti (+3.1%).
A non aver versato contributi il 27.2% degli iscritti. Circa 2,4 milioni di iscritti, il 27.2% del totale non ha fatto versamenti durante l’anno scorso, e sono settantasei mila in più rispetto al 2020. Più di un milione di persone non versa contributi da almeno 5anni.
Anno sostanzialmente positivo il 2021, si legge ancora su Il Sole 24 Ore, anche per quel che concerne i rendimenti dei fondi pensioni, i quali, al netto di costi di gestione e fiscalità generale, hanno raggiunto in media il 4.9% per fondi negoziali, 6.4% per quelli aperti, 11% per Pip “nuovi”, 1.3% nelle gestioni separate di ramo I.
Tenendo conto degli ultimi 10 anni, si legge nel reparto della Covip, il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali ed aperti è stato, del 4.1% e del 4.6%, rispettivamente. In merito ai Pip “nuovi” di ramo III del cinque per cento, del 2.2% per gestioni di ramo I. Nel medesimo periodo, la rivalutazione media annua del TFR è stata dell’1.9%.
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